Guida per amare i tedeschi

La Germania aveva gli occhi verdi

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La Germania aveva gli occhi verdi

 LETTORI O BISCAZZIERI?

I nostri giornali sono ossessionati dalla televisione. In al-cune redazioni, mi dicono, si attende il telegiornale della sera per impostare la prima pagina. La prima notizia data dal teleschermo dovrà essere riproposta con risalto la mattina dopo sui quotidiani, inchiodati così fino a sera su un avvenimento del giorno prima.

Già un quarto di secolo fa, a turno, un giornalista del gruppo Springer era incaricato di registrare su videotapes i telegiornali. Se una notizia veniva data con risalto, la si gettava via. A meno di non avere particolari sorprendenti che ne rovesciassero il significato o ne aumentassero l’importanza. «Guarda un po’», commentavano i miei colleghi italiani quando lo riferivo, «è proprio giusto». Ma si continua ad accendere la TV.

Un’altra idea fissa della mia corporazione è il giornale popolare, e si finisce sempre col citare (per esaltare o demonizzare) la «Bild Zeitung», e magari qualcuno cita anche Heinrich Boll e il suo Onore perduto di Katharina Blume. Sembra un modello facile da imitare, anche se pochi l’hanno mai preso in mano. Piaccia o no, la «Bild» è uno dei giornali professionalmente migliori, e per popolare in Germania si intende qualcosa di diverso che da noi: in prima pagina ci sarà la foto della starlet di turno, spesso italiana, ma anche le quotazioni di Borsa. I pettegolezzi sulle “dive, ma non solo: si spiegano in poche righe i problemi più complicati, dall’economia alla politica. Per essere chiari, bisogna avere anche il coraggio di schierarsi.

E se mai ci fosse bisogno di dimostrarlo, la «Bild» è una dimostrazione che i «fatti divisi dalle opinioni» è una favola creata dall’ipocrisia britannica. Non si può riportare una notizia senza manipolarla, e già un vecchio direttore agli inizi della mia carriera mi torturò per insegnarmi a «guidare il giudizio senza ricorrere a un solo aggettivo», con il semplice e arduo montaggio dei fatti.

Il capolavoro insuperato rimane per me quello compiuto dalla «Bild» durante la campagna elettorale dell’autunno ‘72. A otto colonne in prima pagina, riportò una notizia, poco più di venti righe, una banalità proveniente dall’America: quel che più danneggia l’amore tra i coniugi è la mancanza di soldi, sosteneva lo psicologo di turno. Sotto, un altrettanto breve punto sul costo della vita: le patate in aumento del 25 per cento, le cipolle del 32, il pane del 15 (cito a memoria). Ancora più succinta, in basso, la sintesi di un discorso di Franz Josef Strauss: se i prezzi aumentano in Germania la colpa è dei socialdemocratici. Nessuno lo scriveva, ma il messaggio che giungeva alle casalinghe di Germania e ai loro mariti era; se fate male l’amore la colpa è di Willy Brandt.

La «Bild» vende 4,5 milioni di copie, ed è letta da 10 milioni di tedeschi, anche da chi vota per il partito che fu di Brandt, ma i cosiddetti giornali «seri» hanno tirature inferiori ai nostri giornali maggiori. La «Welt», che appartiene alla stessa scuderia Springer, supera a stento le 200mila copie, e la «Frankfurter Allgemeine» o la «Süddeutsche Zeitung» non giungono mai alle 700mila, e non se ne lamentano.

Rinunciano alle notizie dell’ultima ora, senza rincorrere TV e radio, ma anche con due giorni di ritardo danno poi un approfondimento, magari di un’intera pagina. Decide il lettore se saltare l’articolo o leggerlo, ma se lo farà sarà «informato fino in fondo». Le notizie di cronaca nera o di sport sono riportate in estrema sintesi, ed è la sola «Bild» che vi dedica pagine e pagine ed è di fatto l’unico quotidiano «anche» sportivo, contro i nostri tre. E questo spiega «anche» la sua milionaria tiratura, senza dimenticarne il prezzo molto basso, un terzo rispetto ai fratelli in giacca e cravatta, ed il particolare che lo si acquista ovunque, al bar e alla stazione di servizio, e alle macchinette distributrici alla fermata dell’autobus.

A nessun direttore di quotidiani passerebbe per la testa di aumentare le vendite con notizie scandalistiche, o con titoli più brillanti, o chiedendo pareri di Borsa alle sorelle Kessler, anche se ho il sospetto che le gemelle a lunga conservazione s’intendano d’economia più di certi nostri commentatori specializzati.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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