Guida per amare i tedeschi

La Germania aveva gli occhi verdi

0
La Germania aveva gli occhi verdi

Chiesi a Joachim Fest, uno dei sei condirettori della «Frankfurter Allgemeine», giornale che appartiene a una fondazione, il che ne fa un unicum nel mondo, se avrebbe mai indetto un concorso a premi per incrementare le vendite, imitando alcuni giornali italiani.

«Io voglio lettori, non biscazzieri», rispose.
Il tribunale ha vietato alla «Bild» una promozione simile al Bingo per «concorrenza sleale». Un editore forte potrebbe schiacciare il concorrente più modesto e più abile offrendo champagne e caviale. Anche i premi agli abbonati sono limitati e regolati.

Biciclette e registratori, sveglie e orologi vanno caso mai a chi procura un nuovo abbonato e non a chi sottoscrive l’abbonamento. C’è la possibilità di incrementare le vendite, senza esagerare. E perfino i pubblicitari badano al numero dei lettori, ma anche alla loro qualità.

Una rivista come «Der Spiegel», creata e a lungo diretta da Rudolf Augstein, fa parte della storia della Repubblica Federale, ed ha contribuito alla fortuna e alle sfortune di diversi politici. Cerca il caso, non lo scandalo politico fine a se stesso, e ben di rado è stata costretta a una smentita. Franz Josef Strauss arrivò a mandare in galera Augstein e la redazione (quasi) al completo, ma finì col perdere.

I lettori prestano fiducia a chi li informa, e non dimenticano quando si sbaglia. «Stern» perse mezzo milione di copie per i falsi diari di Hitler e non le ha più recuperate del tutto. Tuttavia, il giornalista non gode di eccessivo prestigio sociale, non come da noi, comunque. È considerato come un artigiano da cui ci si attende un lavoro accurato. L’affidabilità e la professionalità sono date per scontate. L’errore è l’eccezione, la malafede un peccato mortale.

Nonostante la fama della «Bild», i giornali di solito non invadono la privacy degli uomini politici. Beate Wedekind, quarantadue anni, direttrice del settimanale «Bunte», perse il posto, si dice, per qualche indiscrezione di troppo su Helmut Kohl, ma è un’eccezione sia per quanto riguarda il pettegolezzo sia per la reazione della vittima.

Günther Wille, il brillante ed energico capo della Springer, forse contribuì ad attutire i toni della «Bild», dopo essere stato a sua volta oggetto di una macabra indiscrezione: «Wille ha un mese di vita», annunciò in prima pagina l’«Abend Zeitung» di Monaco, a Natale. Nel giugno successivo, smagrito dal male, apparentemente vitale, volle incontrare alcuni giornalisti a pranzo e scherzò su se stesso: era riuscito a smentire il giornale concorrente. E in autunno morì.

Print Friendly, PDF & Email
jav xxx
tube
mm
Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

Beethoven, Rossini e Mozart: quegli incontri proibiti tra il falso e il vero

Articolo precedente

Distanziatore

Articolo successivo

Commenti

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *