Guida per amare i tedeschi

Italia e Germania 4 a 3

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Le notizie pubblicate in Italia sono vere ma vengono scelte con accanimento per presentare una Germania tentata dal passato e finiscono col dare un’immagine assolutamente distorta della Repubblica Federale. Se ci sono madri che mi telefonano per informarsi se possono mandare l’adorata prole in Germania per il normale scambio tra studenti, e amici domandano se le vacanze a Berlino «non siano trappo pericolose», evidentemente qualcuno esagera.

A cominciare sono stati loro, si obietta. Quella copertina di «Der Spiegel» con il revolver sugli spaghetti fumanti, che ancora brucia agli italiani, risale per l’esattezza al 25 luglio del ’77. Fui il primo a parlarne, probabilmente perché in quell’estate lontana ero l’unico nelle redazioni italiane che parlasse tedesco e non fosse in vacanza. Avvertii che ogni dato riportato nel lungo articolo era preso dai nostri giornali. Si poteva discutere sullo spirito del «montaggio», non sulla veridicità. Infine, gli spaghetti della bella copertina erano visibilmente al dente.

Com’era inevitabile, fui travolto dal risentimento nazionale. Gli italiani insorsero contro i «cattivi tedeschi» che ancora una volta ci colpivano alle spalle. Invece di replicare all’analisi della rivista amburghese, si rispondeva citando Hitler e Attila. Loro ci rimproverano di mangiare gli uccellini con la polenta, e noi ricordiamo Auschwitz. Così non si compie un passo avanti, e il confronto è di un gusto atroce.

Sono trascorsi quasi vent’anni, e quando si parla di rapporti italo­tedeschi prima o poi qualcuno finisce col citare quella copertina. Si vede che tanto sbagliata non era.

II problema tra Italia e Germania è anche di linguaggio, più che di lingua. Noi scambiamo la sincerità per arroganza. I tedeschi prendono la nostra cortesia per sintomo di debolezza, o di ipocrisia. Con conseguenze a volte catastrofiche, o costose. Il «Pappagallo» chiede alla turista se vuole mangiare un piatto di spaghetti a casa sua. Lei risponde di sì, e il latin lover pensa che la conquista sia cosa fatta. La valchiria invece ha solo fame. Lui le propone una passeggiata al chiaro di luna per l’Appia antica, e lei si illude che si tratti di una cortesia per gli ospiti. Forse non ha alcuna voglia di ammirare pietre antiche, e accetta per non deludere il nuovo amico, mentre avrebbe preferito una più intima serata, se lui lo avesse proposto direttamente. E quando la passeggiata si rivela un agguato, la tedesca, anzi la tedeschina (per i nostri cronisti sono tutte tedeschine appena varcano il Brennero, anche se hanno la stazza di Boris Becker) si ribella sdegnata della sua slealtà. I tedeschi sono diretti fino alla brutalità, semplici fino all’ingenuità. Ma non è un difetto.

All’ITB di, Berlino, la più grande fiera del mondo dedicata al turismo (tutte le fiere tedesche sono le più grandi del mondo), l’assessore d’una località romagnola tenne una conferenza stampa sul pericolo delle alghe in Adriatico. Offrì spaghetti e vino rosso, e alla fatidica domanda: «Torneranno o no le alghe quest’estate?», rispose:
«Se lei va in montagna e non c’è neve, con chi se la prende?».
Dopo, mi domandò che cosa avessero capito i tedeschi.
«Che ci saranno le alghe», lo delusi.

I tedeschi amano la verità, anche quando fa male. Ogni parola gentile, ogni sfumatura diplomatica viene scambiata per una trappola diabolica, per un inganno, un bluff, una truffa. E stanno in guardia soprattutto nei nostri confronti. Per loro siamo sempre i nipotini di Machiavelli. È un complimento che non ci meritiamo, ma sovente tentiamo tutto il possibile per rafforzare questo pregiudizio.

L’invasione degli albanesi a Bari ci ha causato un danno d’immagine enorme da queste parti. Non perché, come sospettiamo, i ventimila profughi siano stati chiusi in uno stadio alla Pinochet per essere rispediti al mittente, Anzi: una parte dell’opinione pubblica tedesca ritiene che abbiamo fatto bene e che i politici di Bonn dovrebbero imitarci. Ma per il modo: il nostro ministro responsabile che prima promette asilo agli ultimi irriducibili «invasori», li convince, li rifocilla e li ospita in albergo, e li fa prelevare la mattina seguente a uno a uno, impacchettare e mettere su un aereo o una nave per Tirana, ha convinto i tedeschi che di noi italiani proprio non c’è da fidarsi. Diciamo una cosa e già tramiamo per compiere il contrario. La furbata del nostro governo e stata una catastrofe.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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