Ieri, oggi, domani

Quel discriminatore di Federico Guglielmo IV

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Il Castello di Berlino © il Deutsch-Italia
Il Castello di Berlino © il Deutsch-Italia
L'Humboldt Forum nel Castello di Berlino © il Deutsch-Italia

L’Humboldt Forum nel Castello di Berlino © il Deutsch-Italia

Ci sono questioni nella vita che sfiorano il ridicolo, altre che lo sono di fatto. Nei tempi che stiamo vivendo, spesso, non ci si accorge neppure più del sottile confine tra la sacrosanta rivendicazione di diritti (sociali, religiosi, sessuali e quant’altro) e lo sconfinamento nell’ormai usata, per non dire abusata, saga del politically correct. Innumerevoli le vittime “immolate” sull’altare di questa nuova (almeno nella forma che ha assunto da qualche anno a questa parte) forma di cancellazione del passato, declinata in tutte le sue forme (artistica, letteraria, storica, ecc), che si potrebbero elencare: dai nomi delle strade, intitolati a personaggi considerati “razzisti”, a decapitazioni ed imbrattamenti di statue dedicate a letterati, filosofi, artisti, scienziati e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto l’arte, forma di libera espressione per eccellenza, risulta essere fra le forme dell’ingegno umano più colpite dalla mannaia censorea dei nuovi sacerdoti del politicamente corretto.

E questo avviene ovunque nel mondo. Non fa eccezione, ovviamente, la Germania dove Berlino in particolare è a mio parere un ottimo esempio di esperimento sociale su larga scala. Qui, complice anche l’ormai innato senso di colpa dei tedeschi per il loro passato, viene dato libero sfogo a questa politica della cancel culture, ossia di vero e proprio ostracismo sociale e mediatico di quanto non ritenuto conforme ai dettami del “nuovo” modo di pensare (rimane poi da stabilire definiti da chi e per quale ragione). Dal cambiamento dei nomi delle strade, come accennavo sopra, a quelli delle fermate della metro, alla rimozione delle opere museali e alla censura del balletto, di esempi da fare ce ne sarebbero tanti. Non ultima la polemica legata al recente rifacimento del Castello di Berlino, quello voluto dai margravi del Brandeburgo e successivamente trasformato in splendida opera barocca prevalentemente dall’architetto Andreas Schlüter.

Franco Stella © il Deutsch-Italia

Franco Stella © il Deutsch-Italia

Fra le cose che non andrebbero bene e che sono oggetto del revisionismo dei cosiddetti benpensanti c’è la scritta che compare alla base della cupola, originariamente progettata dall’architetto Friedrich August Stüler, e realizzata al giorno d’oggi, assieme alla ricostruzione dell’intero edificio, dall’architetto italiano Franco Stella. Ebbene la fondazione dell’Humboldt Forum, date le forti pressioni ricevute da più parti e ampiamente amplificate dalla stampa, sta pensando di coprire tale scritta, che riporta un passo degli Atti degli apostoli (4:12) e uno della Lettera ai Filippesi (2:10), con una scritta proiettata con tecnologia a led. Questo perché i passi citati (riportati come nella cupola originale) sarebbero discriminatori “per l’aspirazione mondiale-culturale e interreligiosa del complesso museale” e, addirittura, ha portato i membri della fondazione a dichiarare: “va da sé che prendiamo le distanze da qualsiasi pretesa di potere, esclusività o addirittura di dominio che potrebbe derivare da questi segni o iscrizioni”.

Federico Guglielmo IV re di Prussia

Federico Guglielmo IV re di Prussia

Forte polemica ha inoltre, come si sa, destato la croce posta in cima alla lanterna. Sarebbe un simbolo religioso discriminatorio nei confronti delle altre culture religiose. Piccolo particolare è che la croce la volle proprio il luterano Federico Guglielmo IV, per simboleggiare l’unione della Corona e della Chiesa e non metterla in cima alla cupola avrebbe significato cambiare il progetto originale. Per quale ragione? Esiste più forse il Regno di Prussia? Il moderno e laico Stato tedesco si identifica ancora con la Chiesa come allora? Cosa c’entra tutto ciò con un’opera architettonica che nulla ha a che vedere con un’ideologia politica contemporanea?

Ma non è tutto. L’architetto Stella, che ho incontrato brevemente nel Castello, mi ha detto che, sempre su pressioni ricevute dalla Fondazione, è stata fatta togliere la targa commemorativa, che si trovava appesa ad una delle entrate, di uno dei finanziatori privati che hanno donato per la ricostruzione dell’imponente e costoso monumento. Il motivo? Sembrerebbe che avesse ascendenti aderenti al Nazismo. Pertanto è stata decisa una revisione completa dei nomi dei donatori che compaiono sulle targhe poste all’entrata del Castello. In pratica verrà fatta un’approfondita indagine sulle loro tendenze o ascendenze parentali di fede nazionalsocialista.

L'architetto Stella sotto la scritta incriminata © il Deutsch-Italia

L’architetto Stella sotto la scritta incriminata © il Deutsch-Italia

Ora, anche se ne trovassero, bisognerebbe dimostrare che anche loro siano, per così dire, nostalgici di un’ideologia indubbiamente detestabile. Ma il punto è: e qualora venisse in qualche modo dimostrato, che si fa? Si restituiscono le generose donazioni ricevute? Oppure pecunia non olet?

Ultima nota: il museo Etnologico e quello di Arte asiatica, presenti all’interno degli spazi espositivi del Castello, una volta erano relegati nell’elegante, ma periferico quartiere di Dahlem. Sarei proprio curioso di sapere quanti, fra coloro che questionano sui simboli che a loro dire andrebbero rimossi dall’opera architettonica attuale (in nome dell’apertura a culture diverse che si sentirebbero offese da tali simbologie), fossero grandi frequentatori dei sopracitati musei e delle mostre che vi si svolgevano prima del loro trasferimento. Non mi stupirei affatto nello scoprire che, molto probabilmente, complice la distanza, non li frequentassero affatto. Buon per loro che si sono seguite le orme di quel discriminatore di Federico Guglielmo IV.

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Nato a Roma, laureato in Filosofia all'Università "la Sapienza", è giornalista professionista. Ha collaborato con ilSole24Ore, con le agenzie stampa Orao News e Nova, e in Germania con il magazine online ilMitte.

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