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Perché i colori nelle fiabe?

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Perché Biancaneve è candida appunto come la neve, e Cappuccetto Rosso ha un berretto scarlatto e non verde o giallo? I colori, è noto, hanno un loro valore simbolico, e a Kassel, città natale dei fratelli Grimm, era stata allestita una mostra sul tema “Farben im Märchen,” i colori nelle fiabe (fino allo scorso 13 aprile, in Grimmwelt, Weibergstrasse 21). Ma il Coronavirus ha tenuto lontano i visitatori. Per la verità, nelle favole i colori vengono di rado svelati, si legge nel catalogo, (28 euro), e si lascia libera la fantasia dei piccoli lettori, quindi è importante se invece sono precisati.

Il rosso potrebbe simboleggiare il carattere indipendente della bambina che si avventura nel bosco, non ascolta le raccomandazioni della madre, e incontra il lupo. Facile e poco inquietante. Il rosso è colore del sangue, e la fiaba nella tradizione popolare è più crudele della versione edulcorata di Perrault e dei Grimm: il lupo squarta la nonna e invita Cappuccetto a mangiarne la carne e a berne il sangue, la bambina viene violentata dal lupo, oppure dal guardiaboschi che la salva. Nonostante le preoccupazioni dei genitori, i bambini amano le storie cruente, ma non si dovrebbe esagerare. «Il valore simbolico dei colori cambia nel tempo», dice la curatrice della mostra Sabine Schimma, «ad esempio all’inizio dell’Ottocento il berretto di Cappuccetto, veniva recepito come un simbolo politico, dei giacobini, il colore della rivoluzione francese». Della fiaba esistono almeno una quarantina di versioni presso diversi popoli e culture, e per Cenerntola si arriva a 3.450 versioni. Il catalogo cita il saggio di Carl Gustav Jung sulle fiabe, e gli scritti della sua allieva Marie-Louise von Franz.

La madre si augura la nascita di una bambina “dalla pelle bianca come la neve, dalle labbra rosse e dai capelli neri”, ed ecco Biancaneve che mangerà la mela rossa offerta da una strega presentata sempre in colori cupi. In fondo, la matrigna, la regina gelosa, è la prima untrice che si incontra nell’infanzia.

Il bianco, il nero e il rosso, sono i tre colori base nelle fiabe, non solo nella tradizione europea, ma anche in Persia, da dove giungono i racconti di “Mille e una notte”, e dall’estremo Oriente. Ma la bella Sheherazade fu censurata, e manipolata. Quando nell’Ottocento vennero tradotti i racconti con cui di notte in notte distrae il sultano, si temeva che potessero turbare i piccoli e eccitare gli adulti. Oggi, secondo il politically correct, sarebbero sempre da condannare queste storie dove le donne sono sempre oggetti in balia delle voglie maschili, e si difendono con arti troppo femminili.

Perché il principe che dovrebbe essere l’unico desiderio delle bambine e future spose e madri, è azzurro? Il colore del manto della Madonna, simbolo di perfezione. Ed è il colore scelto da Collodi per la protettrice di Pinocchio, la Fatina turchina, di solito una bionda per gli illustratori delle avventure del burattino. E sono bionde le trecce di Rapunzel, sempre il colore dei capelli della Madonna secondo i pittori medioevali e rinascimentali. E anche Gesù è biondo. Ma madre e figlio dovrebbero essere bruni.

Le chiome rosse, in pittura, nei romanzi, e al cinema, sono poco raccomandabili. Quasi sempre le cattive della Bibbia, da Salomè a Dalila, hanno i capelli rossi, simbolo demoniaco. Cappuccetto Rosso in fondo sarebbe una cattiva bambina, disobbediente, e si merita di fare una brutta fine.

Rotes Käppchen, blauer Bart

© Youtube GRIMMWELT Kassel

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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