AMPUTIEREN
Non andate da un medico tedesco, se non avete nervi d’acciaio. Per non sbagliare, ha trovato una ricetta buona per tutti gli usi: pensa sempre al peggio. E da tedesco, non dice bugie. Quindi vi rivela i suoi sospetti con assoluta sincerità e brutalità. In genere è il paziente a essere pessimista e tocca al medico rincuorarlo: quel dolorino al braccio non è un’avvisaglia d’infarto, è provocato dal vostro patetico tentativo di imitare Boris Becker; il mal di pancia tradisce la passione per gli intingoli ricchi di colesterolo e il mal di testa è lo scotto per un eccesso di TV.
Non in Germania. E parlo per esperienza personale.
Ho la pelle delicata e all’improvviso una macchia solare ha cominciato a cambiare colore. «Vado in Italia», ho annunciato a Fernanda.
«Perché non andiamo prima dal medico sotto casa? Magari non è niente», ha replicato mia moglie.
«Vedrai», le ho preannunciato. E per non preoccuparla ho prenotato i biglietti con cautela. Il medico mi ha controllato con attenzione e mi ha dato l’indirizzo di uno specialista per l’esame istologico.
«Potrebbe essere un cancro della pelle?», gli ho domandato.
«Per fortuna è venuto in tempo».
L’esame istologico l’ho compiuto in Italia, contro il parere del mio medico che lo riteneva superfluo. Non era nulla. Ma avrebbe potuto essere. Senza dubbio, e così il mio Herr Doktor renano non avrebbe commesso errori.
Non ritengo neanche che sia sempre un male essere pessimisti per un medico: meglio un esame inutile in più che perdere tempo, ma forse occorrerebbe un minimo di savoir faire. Il medico tedesco non mi aveva mai visto. Come poteva prevedere la mia reazione alla sua prudenza?
Un mio collega fumava troppo e un giorno si è risvegliato con una gamba, non ricordo quale, paralizzata. Si è fatto portare all’ospedale. Disteso a letto ha carpito al volo la parola «Amputieren». Si è rifiutato di prendere qualsiasi medicina, ha chiamato l’ambasciata, si è fatto portare in barella all’aeroporto ed ha preso il primo volo per l’Italia. Ora è in pensione e gioca ancora a calcio.
Il figlio di quattro anni d’un corrispondente si è svegliato al mattino con il mal di pancia. «Non si preoccupi: apriamo e vediamo che c’è», ha proposto il pediatra alla madre in ambasce. Lei era già un’esperta di Germania, e neanche si allarmò.
Potrei continuare, ma il discorso non è allegro. Un ultimo consiglio, tuttavia. Assolutamente non andate da un dentista. Per decenni, il sistema mutualistico era tale che conveniva togliere tutti i denti piuttosto che curare un molare malato. Così in Germania, non c’è più scuola.
«Un dentista guadagna più di me», si lamenta il cancelliere Kohl, meno di 40 milioni di lire al mese, ma con qualche spesa in più rispetto a un cavadenti.
So bene in che stato sia la sanità in Italia, e dopo aver scherzato sui tedeschi si deve anche parlarne bene. Tranne eccezioni, in un ospedale italiano si entra con giustificato orrore. Non ho un’esperienza diretta, ma quelli tedeschi mi sembrano in confronto degli alberghi. Non di lusso, dignitosi. Le infermiere sorridono e non si avverte quell’odore tipico d’ospedale, il che mi sembra già un duplice miracolo.
I tedeschi si lamentano ed è inevitabile. Prima andava meglio, ma il servizio sanitario, benché non perfetto, al nostro confronto è invidiabile. Le mutue funzionano e sono un misto di pubblico e di privato, un compromesso che avremmo dovuto copiare da tempo, ma noi ci guardiamo sempre dal cadere in tentazione quando ne vale la pena.
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