Ormai tutta la Germania è in “Corona modus”, come chi ha famigliarità con il linguaggio high-tech definisce la somma di divieti, raccomandazioni, consigli, lo stato d’animo della gente ed i comportamenti adottati nel tentativo arginare il dilagare del virus, più o meno simili in tutti i Länder. Il discorso televisivo alla nazione della Cancelliera Angela Merkel ha certamente contributo, con le sue gravi parole, a far recepire anche tra gli inizialmente più riottosi la gravità del momento. Si susseguono ormai giorno dopo giorno provvedimenti sempre più drastici, tendenti a limitare gli spostamenti individuali. Ciò non dimeno le cronache offrono anche spunti se non divertenti, quantomeno inusuali. Su tutti si distingue ovviamente il quotidiano popolare “Bild”, che da giorni sforna pagine e pagine sul dilagare dell’epidemia del Coronavirus in Germania. Ma non è il solo. Praticamente tutti i giornali tedeschi sono ormai per gran parte della loro foliazione monotematici. Servizi, articoli, interviste, consigli, chi più ne ha più ne metta. Anche qualche curiosità. Ne abbiamo raccolte alcune.
LE BARBE LUNGHE DI OBERAMMERGAU
Oberammergau è una ridente cittadina turistica della Baviera, ai piedi delle Alpi, pochi chilometri dalla più nota Garmisch-Partenkirchen. Ma anche Oberammergau è famosa, ben al di là dei confini della Germania, per i suoi “Passionspiele”, la grandiosa rappresentazione teatrale della Passione di Cristo, che si tiene ogni dieci anni. Una tradizione che risale al 1633, quando gli abitanti del piccolo centro bavarese promisero al Signore che se li avesse liberati dalla peste avrebbero inscenato, di lì in avanti, simile corale rappresentazione sacra.
È stato così nei secoli, anche se più volte i “Passionspiele” sono stati annullati o rinviati per vari motivi. Come quest’anno: e stavolta la causa della decisione è un’altra infezione, certamente meno terribile della peste. Oltre la metà dei cinquemila abitanti di Oberammergau sono coinvolti tradizionalmente nelle scene della sacra rappresentazione, che avrebbe dovuto cominciare il 16 maggio per concludersi il 4 ottobre. Tutto rinviato al 2022.
E dire che ormai l’imponente organizzazione era già pronta: le prove del grande spettacolo sono cominciate già a dicembre dello scorso anno, tutto era ormai preparato: costumi, scenografie, testi. Ma soprattutto dal mercoledì delle ceneri del 2019 tutti i maschi della cittadina, che sarebbero stati impegnati in vari ruoli di figuranti o comparse, avevano cominciato a lasciarsi crescere barbe e capelli, come da centenaria tradizione. Ora dovranno tagliarsi la folta peluria, con qualche difficoltà, visto che al momento barbieri e parrucchieri sono costretti alla chiusura. Ma a parte questa curiosità-inconveniente per molti degli appassionati “passionisti”, il danno economico per Oberammergau e tutta la zona è enorme. I biglietti erano già stati venduti per oltre il 90 per cento, si attendeva un incasso di almeno 30milioni di euro. Senza parlare delle conseguenze per tutto il settore della ricettività e della gastronomia.
HOFBRÄHAUS: MAI CHIUSA PRIMA D’ORA
Se c’è un luogo, anzi un’istituzione che chiunque vive o è venuto anche solo una volta nella vita a Monaco di Baviera conosce è la Hofbräuhaus. La grande birreria in stile barocco, nel pieno centro cittadino, simbolo della cultura della birra in tutto il mondo. I boccali sono solo ed esclusivamente da un litro, cosciotto di maiale e pollo arrosto i piatti più serviti, sempre rigorosamente con crauti e patate. In oltre cento anni di esistenza la birreria non aveva mai chiuso un giorno. Neppure durante le due guerre mondiali. In un giorno normale sono in media 8.000 gli avventori della birreria, che può offrire 3.500 posti a sedere intorno ai suoi tavoloni di legno. E gli ultimi giorni, prima della chiusura, non si contavano neppure 200 ospiti in totale. Ora il gestore della storica birreria ha annunciato che approfitterà della chiusura per effettuare lavori di manutenzione. Sperando di poter riaprire presto. Come lo spera un pensionato di 84 anni, Wilhelm H. che, sconsolato, ha dichiarato di visitare l’Hofbräuhaus da cinquant’anni regolarmente almeno una volta alla settimana.
“MI CHIAMO CORONA”
Da dove nasce il nome Corona? I tedeschi se lo chiedono, ovviamente. Viene dall’italiano e in tedesco si dice “Krone” spiega loro la Bild. Che però non si accontenta e va addirittura a pescare un signore, probabilmente di origine italiana che vive a Düsseldorf e che, oltre a chiamarsi Julian di nome, fa Corona di cognome. Surreale, più che umoristica, la mini-intervista con il sorridente personaggio. Esordisce il giornale chiedendo: «Ma lei davvero si annuncia con Hallo Corona, al telefono?» Lapidaria la risposta: «Sì, chiaro, perché no. Lo faccio da decenni». Il giornale non si accontenta: «Come sono le reazioni?». E il signor Corona, con malcelato compiacimento: «Solitamente buone, qualcuno mi esprime persino la sua partecipazione emotiva». Ma la domanda più… bella è certamente questa: «Ha pensato di cambiare nome?». La risposta sottende un sottile senso dell’humour, forse più tedesco che italiano: «Neppure per un secondo. Sono orgoglioso di questo nome. E nel mio lavoro come responsabile di reparto è anche un modo per rompere il ghiaccio».
LA STORIA DI “QUELLA” CARTA
Che in Germania si sia scatenata – e non dà ancora segnali di essere in diminuzione – la caccia alla carta igienica è ormai fatto risaputo in tutto il mondo. Naturalmente non mancano i commenti ironici, degli stessi tedeschi, sia sui social sia sui media. Sempre la Bild ha offerto ai suoi lettori una divertente “chicca” sul tema: una breve storia della carta igienica. Così si apprende che reperti archeologici farebbero risultare sin dall’età del bronzo (3000 a.C.) l’uso di pulirsi il fondoschiena con foglie. Gli antichi romani, invece, avrebbero usato spugne imbevute nell’aceto. In Cina la carta igienica come la intendiamo noi è stata nominata a partire dal 6° secolo (d.C.), mentre in Europa si è cominciato ad usare carta per usi igienici soltanto dal 16° secolo. Ma l’inventore ufficiale della carta igienica come la intendiamo noi sarebbe stato un imprenditore americano, tale Joseph C. Gayetty, il primo ad introdurla sul mercato USA, nel 1857.
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