Guida per amare i tedeschi

In casa…

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Zu Hause © il Deutsch-Italia
Zu Hause © il Deutsch-Italia

IL CAPPUCCINO DEL VICINO

Nella pubblicità d’un cappuccino liofilizzato, una bionda statuaria bussa alla porta di un italiano, bruno e vivace.

«Lei ha parcheggiato al mio posto», lo aggredisce lei senza dire «Guten Tag», e il padrone di casa, sempre parlando in italiano la invita a entrare. Le prepara un cappuccino istantaneo, la convince a berlo, sommergendola di parole. Alla fine, quando la vicina, domata o quasi da lui o dalla bevanda, ripete l’invito a spostare l’auto, risponde in tedesco: «Ma io non ho auto».

La sfumatura del messaggio può essere colta solo dai nativi. Lo spot non dimostra solo che l’italiano, anche se in-comprensibile, anzi per questo, viene usato come una musica, suadente, dolce e calda come il cappuccino. In gioco c’è qualcosa di più grave. Parcheggiare al posto del vicino è uno dei reati più abominevoli nella vita quotidiana. Ed il cappuccino riesce a risolvere anche una situazione così estrema.

A me l’episodio è successo, ma senza cappuccino. E con una variante fondamentale. Era la mia giovane vicina (tedesca) a parcheggiare al mio posto nell’ampio giardino della casa di Königswinter. Un pomeriggio trovai lo spazio a me riservato preso dalla sua VW e mi fermai accanto, al posto di un altro. Tanto erano tutti liberi. Diedi inizio a una reazione a catena, del tipo «teoria del domino» paventata dagli americani in Asia.

Ore dopo, dalla finestra scorsi una Mercedes che dietro la mia Alfa mi chiudeva l’uscita. Non vi diedi peso. Era sabato e non volevo uscire fino a lunedì. Bussarono alla mia porta. Non era la bionda televisiva. Il vicino, nuovo giunto, mi aggredì immediatamente: «Lei parcheggia sempre al mio posto».

«Perché qualcuno parcheggia sul mio».
«Ma lei non ha posto».
«Doch», lo gelai. Parola magica da padroneggiare: risposta affermativa ad una domanda, o supposizione, negativa. Con Ja o Nein in realtà date ragione all’avversario. Padroneggiare il doch è come usare d’istinto il timone d’una barca a vela, piegare a destra se si vuole andare a sinistra, o meglio babordo e tribordo.

Doch, dunque.

Non sapendo preparare il cappuccino, e rifiutandomi di usare quello liofilizzato, l’unica tattica da usare con i tedeschi è di reagire con più forza di loro. La stessa che mi hanno insegnato per fronteggiare i pescecani. Se ti vengono addosso, non fuggire o sei perduto. Vagli incontro e loro si tireranno indietro. Non so con gli squali-tigre, ma con i tedeschi funziona.

«Da ora in poi nessuno parcheggerà al suo posto», si scusò il mio vicino.
«Non è così grave; un posto o l’altro a me non importa».

Ma a lui sì, e già scendeva le scale invaso di zelo. Mantenne la promessa, anzi la giovane guidatrice di VW venne pure sfrattata. Peccato, parcheggiava di traverso ma era un ottimo materiale di osservazione, tipica rappresentante dei nuovi tedeschi, diversi e pur sempre con qualcosa di tradizionale.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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