Soltanto qualche mese fa quando si parlava di Venezia scorrevano veloci davanti agli occhi le immagini della Serenissima presa d’assalto dai turisti. Soprattutto il fine settimana una passeggiata nella città lagunare era diventata una vera impresa. Guai ad avere fretta: il muro umano che improvvisamente si materializzava in certe calli risultava pressoché invalicabile. Una babele di lingue accompagnava il flusso di questa massa umana che si dipanava in parte soltanto in Piazza San Marco. Le grandi navi oscuravano il cielo creando scenari surreali e la decisione di far pagare un biglietto d’entrata ai visitatori rendeva il tutto ancora più complicato.
Appartiene tutto ormai a un “lontano” passato? In realtà a Venezia si è passati dall’overtourism all’undertourism in un batter di ciglia. Messa in ginocchio dall’eccezionale acqua alta dello scorso novembre, si stava risollevando giusto in tempo per il Carnevale. Il Carnevale è stato annullato dall’oggi al domani a causa del Covid-19 – che ha cambiato la nostra vita e forse anche il destino turistico di questa città. Che il Coronavirus abbia fatto riflettere seriamente sulla possibilità di un turismo sostenibile anche per i grandi magneti turistici internazionali, come la città lagunare?
A Venezia il primo sabato di luglio
Con qualche timore, perché alla “riapertura” del lockdown, a fine maggio, la città era stata presa d’assalto dai visitatori, prendo un treno regionale per arrivare a Venezia. Il treno è pressoché vuoto. Anche la stazione di Mestre pare quasi deserta e sul Ponte della Libertà c’è poco traffico. Forse sono tutti in spiaggia complice la bella giornata estiva? Che non si tratti di un sabato “normale” per Venezia, lo si capisce arrivando alla stazione Santa Lucia. Nessuna coda in biglietteria o sulla scalinata esterna – benché ci siano transenne che indicano entrata e uscita separate. Poca gente anche agli imbarcaderi dei vaporetti di fronte alla stazione: ma quando mai era capitato qui di acquistare un biglietto senza fare la coda?
Poca gente anche sul Ponte degli Scalzi. In giro sento parlare oltre che in italiano, soltanto in tedesco: due ragazzi stanno telefonando e invitano un’amica di Monaco di Baviera a prendere il primo aereo e a venire a vedere Venezia “semivuota”. In Veneto si sa bene quanto valga il turismo tedesco per la regione: nel 2019 si parla di 16 milioni di turisti con un incremento del 3,2 per cento rispetto al 2018. Sulle spiagge della regione a giugno di quest’anno invece si è registrato mediamente un – 50 per cento di presenze rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, una situazione che si rispecchia anche nella città lagunare. Per luglio le previsioni sono più confortanti: il numero degli arrivi dalla Germania è in crescita, ma per ritornare ai numeri del 2019 ci vorrà qualche anno.
Alle Zattere
Per andare alle Zattere percorro fondamenta e calli quasi solitarie. Alcuni veneziani che vanno a fare la spesa portano la mascherina, anche nei punti più stretti dove è impossibile mantenere la distanza minima. Una manciata di turisti, increduli come me, si gode la città che pare essersi svuotata per incanto. Arrivata alle Zattere, la lunga passeggiata che conduce fino alla Punta della Dogana, le uniche code che vedo sono davanti all’ufficio postale. Le panchine di pietra bianca sono libere e in un paio di locali aperti sono pochi i tavoli occupati. Proprio alle Zattere a metà giugno si è svolta una manifestazione di protesta contro i “grandi hotel del mare” (le grandi navi) al motto di “Venezia Fu-Turistica”, per rivendicare un diverso futuro turistico per la Serenissima.
Certo una Venezia così qui la ricordavo soltanto in qualche giornata uggiosa di novembre. Anche sul Ponte dell’Accademia non c’è la consueta fila per il selfie di rito con lo sfondo della Madonna della Salute. Una gondola solitaria solca il Canal Grande e diventa per me il simbolo di questa giornata veneziana. Via libera anche verso Campo San Barnaba, dove l’unico momento d’attesa è alla pittoresca “Barca”, un negozio galleggiante di frutta e verdura al Ponte dei Pugni. Nel grandissimo campo Santa Margherita c’è un po’ di movimento soltanto alla pescheria e sotto gli alberi, dove le panchine sotto tutte occupate. Prima di San Pantalon rivedo a filo d’acqua su una parete il famoso murales “Naufrago Bambino” attribuito a Bansky. Con questo bimbo il misterioso re della street art aveva voluto evidenziare la grave problematica dei migranti.
Forse ci vorrebbe un’altra sua opera per ricordare a Venezia lo sconsiderato turismo di massa degli anni scorsi. E chissà quale sarà il futuro della città che, votatasi completamente al turismo negli ultimi decenni, si interroga ora su un possibile equilibrio tra le necessità economiche e la salvaguardia della sua ammaliante fragilità. Intanto alla prova generale del Mose, il 10 luglio scorso, si è di nuovo presa coscienza delle difficoltà esistenti per realizzare un sistema efficace per far fronte all’acqua alta.
Commenti