Scenari

Il Coronavirus parla poco tedesco (almeno per ora)

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Coronavirus

CoronavirusMentre in Italia siamo in piena psicosi per la improvvisa, rapida, diffusione del Coronavirus al Nord, in Germania la tensione nelle ultime settimane sembra un po’ diminuita. Eppure questo è stato uno dei primi Paesi europei, se non il primo in assoluto, nel quale sono stati registrati casi della temuta influenza. Il Covid-19, come è stato ufficialmente ribattezzato il nuovo flagello che spaventa il mondo, vi è arrivato già alla fine di gennaio. Ed in particolare per chi abita in Baviera è stato tutt’altro che piacevole scoprire all’improvviso che il focolaio non fosse chissà dove, ad una tranquillizzante (si fa per dire) distanza, bensì nel raggio di poche decine di chilometri dalla propria abitazione. Anche per chi scrive è stata una strana sensazione. Sì, perché tutti i sedici casi accertati finora in territorio tedesco si sono registrati tra altrettanti dipendenti (o persone a stretto contatto con loro) della importante multinazionale di componentistica auto Webasto, che ha la sede principale a Stockdorf, a 30 km dall’ameno paesino di 1.500 anime dove vivo e che, ad onta della sua immagine tutto sommato ancora in sintonia con l’iconografia tipica bavarese, è sostanzialmente un dormitorio di gente che lavora in aziende del circondario, come la Webasto, appunto. Al numero di sedici contagiati dal virus si è inevitabilmente arrivati nonostante un’accurata azione di isolamento e quarantena fosse stata immediatamente disposta intorno all’azienda ed ai suoi dipendenti.

Monaco di Baviera © il Deutsch-Italia

Monaco di Baviera © il Deutsch-Italia

Ma come è giunto il Covid-19 in quella realtà d’eccellenza dell’industria tedesca? Almeno stavolta non sembrano esserci dubbi sul cosiddetto “paziente zero”: a metà gennaio una dipendente cinese di una delle filiali Webasto nel Paese asiatico è venuta a Stockdorf per un meeting di routine con i colleghi della sede centrale. Era evidentemente portatrice sana del virus e ciò è bastato per contagiare alcuni di loro. Per la precisione: il primo paziente acclarato di cui è stata data subito notizia abita a Kaufering, piccolo centro presso la città di Landsberg am Lech, il capoluogo del nostro distretto, che dista solo una ventina di chilometri da casa mia. Per chi non conosce queste zone, aggiungo che siamo a 40 km ad Ovest di Monaco di Baviera, poco più di mezz’ora di autostrada dalla centralissima Marienplatz.

Coppia CoronavirusPer la cronaca: il soggetto, dopo un ricovero in ospedale e la quarantena, è già tornato a casa. In un lasso di tempo relativamente breve sono stati accertati gli altri casi di infezione. Oltre a quelli di due persone che si sono scoperte positive al virus a La Gomera, una delle isole Canarie, comunque legate alla medesima origine epidemica. Sì, perché prima che si divulgasse la notizia del contagio in azienda, un dipendente della Webasto vi si era recato in vacanza insieme con un’accompagnatrice. Ma tutto si è risolto nel migliore dei modi, ossia con ricovero e quarantena pur nel piccolo ospedale dell’isola spagnola.

Entrambi, comunque, sono ormai rientrati in Germania, nelle loro abitazioni, perfettamente sani. Per le statistiche: i due casi suddetti non rientrano nel novero di quelli tedeschi, ma sono stati messi in conto alla Spagna. E per quanto riguarda il territorio tedesco a tutt’oggi, non ci sono ulteriori notizie né di pazienti in stato preoccupante, né di altri casi di infezione. Anche la quarantena di due settimane in una struttura sanitaria della Croce Rossa a Berlino imposta al gruppo di 20 tedeschi rimpatriati dalla città cinese di Wuhan si è conclusa senza che emergessero casi di positività al virus.

Per la Germania, dunque, sembra si sia trattato di un solo focolaio, apparentemente confinato e presumibilmente debellato in tempi decisamente brevi.

Monaco di Baviera

Monaco di Baviera

Ma come ha vissuto e sta vivendo tuttora la Baviera, in particolare, il succedersi di notizie sul virus che era (usiamo l’imperfetto, ma non si sa mai) proprio in casa? Paura? Panico? Non direi. Anche se i quotidiani hanno riferito ripetutamente di una ormai vana caccia alle mascherine protettive nelle farmacie che ne restano inesorabilmente prive, di psicosi qui non c’è traccia. I supermercati sono frequentati come sempre, ma senza assalti all’accaparramento, soprattutto è affollata “Hardy’s”, la grande palestra orgoglio della zona della zona del bel lago Ammersee, a sua volta poco distante dall’originario focolaio del virus. Per ora, dunque, le sensazioni sono queste. Attesa almeno all’apparenza tranquilla di qualcosa che ancora non chiara da definire. Sperando che il peggio sia passato, ma nessuno è pronto a scommetterci. Tanto che lo stesso ministro federale della salute, Jens Spahn, proprio in queste ore, alla luce delle dimensioni assunte dalla diffusione de virus in Italia, ha messo in guardia nei confronti di nuovi probabili casi. Che puntualmente sono arrivati: uno nel Nord Reno – Vestfalia, l’altro nel Baden Württemberg. Entrambi, dunque, per la prima volta fuori dalla Baviera e non riferibili al cosiddetto “focolaio Webasto”

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nato a Perugia nel 1948 ha la Germania come sua seconda Patria. Oltre a quella italiana, possiede anche la cittadinanza tedesca. Proprio in Germania, nella redazione italiana del Deutschlanfunk di Colonia (radio nazionale tedesca) è decollata la sua lunga carriera di giornalista professionista. Dopo essere stato capo ufficio stampa del Gruppo Fiat a Francoforte ed a Londra e successivamente dell’Italdesign-Giugiaro di Moncalieri (Torino), dal 1999 è tornato a vivere stabilmente in Germania, Ė stato a lungo corrispondente della Gazzetta dello Sport, per la quale, oltre ad occuparsi di calcio, ha seguito regolarmente la F.1 su tutti i circuiti del mondo. Attualmente collabora con varie testate italiane.

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