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Le mucche felici e… fuori legge

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Quando avevo vent’anni, andai in Spagna sulle tracce di Hemingway. Le corride erano carissime, e mi potevo permettere solo posti economici, così finivo tra gli spagnoli e non tra i turisti che guardavano i toreri attraverso la cinepresa. I miei vicini mi spiegarono che Papa Ernst, avrà pur scritto “Morte nel pomeriggio” e “Fiesta”, ma di corride capiva poco. Hemingway era un ballista anche quando andava a pesca a Cuba, o rievocava le sue imprese di guerra, ma al primo amore si perdona tutto. Non dovevo sentirmi in colpa, mi disse l’amico a Barcellona, i tori muoiono felici. I giganteschi Miura, da cinque quintali, vivono allo stato brado vagando per i campi, in attesa di morire alle cinque della sera. Nessun altro toro vive bene come loro. Sarà.

Ernst Hermann Maier, 79 anni, alleva mucche, vitelli, anche tori, garantisce loro una vita serena, e li lascia morire sui campi dove pascolano, a Balingen, nel Baden-Württemberg, a una settantina di chilometri da Stoccarda. Ma è un fuorilegge perché viola le leggi comunitarie sul bestiame. Quando fa caldo, la sua mandria si ritira sotto un grande tetto, e gli animali si possono distendere su grosse balle di paglia per la siesta. E si lasciano carezzare da Herr Ernst e da sua figlia Annette, 51 anni. Una mandria come una famiglia.

Nessun capo di bestiame è mai stato caricato su un camion per venir trasportato da qualche altra parte, o al macello. Vive e muore dove è nato. E nessuno ha sulle orecchie quel marchio giallo con un numero di codice imposto dall’Unione Europea. Anche questo è vietato. La mandria nel tempo è cresciuta da 25 a 200 capi, e forma una società complessa con le sue regole e legami di parentela, tra madri e figli, e nipoti, tra le mucche da latte e i tori scelti per la riproduzione. Gli animali, sostiene Maier, crescono tra parenti e amici. Si formano coppie che rimangono fedeli.

Da giovane, Maier allevava mucche e vitelli, o maiali, e coltivava i campi come tutti, senza preoccuparsi dei concimi e dei mangimi. Negli Anni Ottanta, racconta la “Süddeutsche Zeitung”, si è convertito al bio. Sui macelli aveva sempre avuto dei dubbi. Un giorno uno dei suoi manzi riuscì a fuggire, e superando la ferrovia e due strade provinciali riuscì a tornare da lui terrorizzato. “Da quel giorno, racconta, decisi di non mandare al macello nessuna delle mie bestie”. Ma per non fallire, doveva produrre carne e venderla. Come fare?

Le sue bestie hanno il diritto, afferma, di vivere libere, e di morire nei campi quando è il momento, senza paura, una fine senza sofferenze, naturale il più possibile. Ma alle autorità non piace, e da anni Maier si batte contro la legge. Tutti sostengono che si debba mangiare meno carne, che le bistecche siano troppo economiche, per la salute e per il clima. E poi gli si vieta di allevare la sua mandria in modo naturale. All’inizio, il macellaio scelto da Maier, si recava sui campi, sceglieva il capo da uccidere, lo anestetizzava con un dardo, per poi trasportarlo al macello comunale. Una procedura non facile e pericolosa, perché le bestie vissute in libertà si ribellavano a ogni tentativo di cattura. Il contadino decise di far uccidere il manzo o il vitello sul campo, ma anche questa procedura non era possibile perché andava poi macellato e la carne preparata per la vendita al macello della cittadina.

Maier ha inventato allora lo Schlachthof, una sorta di macello mobile, grande come una roulotte che si sposta per i suoi campi. Dopo essere stata anestetizzata, la bestia viene trasportata nello Schlachthof, dove è uccisa nel modo meno crudele possibile, e poi portata nel macello centrale. Una procedura che aggira le norme, ma complicata e costosa. Sarà riconosciuta dalla UE?

muccheGli anni di battaglie legali hanno quasi rovinato Maier che è riuscito a salvarsi dal fallimento grazie a una sottoscrizione di amici e sostenitori. La bistecca o le cotolette di un manzo morto libero vicino alla sua mandria e ai suoi amici hanno un sapore diverso, e contengono meno tossine. E si possono gustare senza sentirsi in colpa. Chissà perché leggendo l’articolo mi è tornata in mente la corrida che vidi a Barcellona.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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