L’accoppiata Schumacher-Ferrari smentiva i luoghi comuni, un pilota geniale e folle, ma tedesco, meccanici perfetti, ma italiani. Eppure si continua a credere che i tedeschi siano automobilisti prudenti e disciplinati. Lo saranno perché i controlli sono severi e rischiano di perdere la patente, anche a vita. Appena si sentono al sicuro si scatenano, fino ad ieri scendevano in Italia per guidare senza paura dei limiti, convinti che le multe non li avrebbero mai raggiunti a casa dopo le vacanze (adesso vengono consegnate a Berlino o a Amburgo).
Ora si battono per conservare un privilegio, sono l’unico Paese in Europa a non avere un limite di velocità sulle autostrade. E pure negli altri Continenti, negli Stati Uniti, in Australia, in Cina, esiste un limite. La coalizione semaforo, rosso-verde-gialla, socialdemocratici ecologisti e liberali, rischia di cancellare quello che viene considerato l’ultimo simbolo di libertà individuale. Il leader dell’Fdp Christian Lindner infatti è contro l’abolizione, ma difficilmente riuscirà a spuntarla. Anche l’Adac, l’automobil club, è per un limite a 130, come nel resto d’Europa, che tra l’altro ridurrebbe di due milioni di tonnellate le emissioni di CO2, forse non tanto su totale di 164 milioni.
“Der Spiegel” informa che il 70 per cento dei 13.200 chilometri delle mitiche Autobahnen sono senza limiti. Solo in teoria, secondo me. Non si tiene conto dei limiti provvisori. Ho calcolato i tratti liberi da Berlino a Francoforte, quasi come da Roma a Milano, e avrei potuto guidare da folle appena su 70 o 80 chilometri, gli altri erano a velocità limitata per qualche motivo, a 80. 100 o 110 o 130, e bisogna stare attenti perché i radar sono ovunque. Su l’11,3 per delle Autobahnen si guida a 120, sul 4,8 % a 130, sul 7,5 % a 100, e sul 4,4 a 80. Ma si passa da un tratto senza limiti improvvisamente a cento, i tedeschi preoccupati per i punti sulla patente frenano di botto, rischiando di provocare tamponamenti colossali. Vicino a Lipsia, l’autostrada è a quattro corsie, dritta e liscia come un biliardo. Un cartello mi impone di andare a 100 dopo duecento metri. Perché mai? Si passa sotto un viadotto, e il limite è previsto per quei pochi secondi di penombra.
Si guida come il macchinista di un treno. Un giorno d’estate, da Berlino a Diessen, poco a Sud di Monaco, circa 600 chilometri, ho impiegato dodici ore, era un giorno qualsiasi non d’inizio o fine delle vacanze, ma sono passato da continui tratti di lavori in corso, per decine di chilometri, incolonnato dietro centinaia di camion. Ho proseguito poi per Trieste, e al ritorno ho scelto una domenica, senza camion, e mi sono imbattuto in migliaia, non esagero, di roulotte olandesi che risalivano dal Sud a trenta all’ora, cercando di superarsi tra loro per chilometri. Questa è la norma. Le Autobahnen costruite dopo la riunificazione (1990) cadono già pezzi perché non era stato previsto il transito di migliaia di autotreni da e verso l’Europa dell’Est.
Ulf Porschadt, direttore del quotidiano “Die Welt”, è proprietario di una Ferrari 812, e confida allo “Spiegel” che è felice di spingerla al massimo, a 340 km. all’ora, più veloce di un aereo al decollo. Ma gli è possibile non lontano da Berlino sulla A63 tra Wittstock e Gustrow. E si rammarica che sull’Avus, quel che è rimasto della pista su cui correvano i bolidi degli Anni Venti, ora diventato un tratto di un’autostrada urbana nella Capitale, sia stato imposto un limite a 80. Capisco il rispetto per la storia di Ulf e la sua passione per le rosse di Maranello, ma il problema è che quanti guidano bolidi come Ferrari, Porsche o Lamborghini, si sfoghino sui tratti liberi, e all’improvviso vedi arrivare alle tue spalle un mostro che ti chiede strada. Ma a destra la carovana dei camion non ti lascia spazio. Per frenare a 340 all’ora occorrono 680 metri.
Le vittime della strada nel 1970, quando si guidava senza limiti e senza cinture, senza radar, e con sporadici controlli sull’alcol, furono in Germania 21mila, otto volte più di oggi. E allora le auto in circolazione nella Repubblica federale erano molto meno.
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