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Hitler abolì il “gotico”, perché un carattere ebreo

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Scrittura gotica
Scrittura gotica
Scrittura gotica

Scrittura gotica

Mio padre era professore di “Storia del diritto italiano”, materia affascinante e difficile. Fotografava con la Leica antichi libri e sviluppava da solo le foto che appendeva a asciugare come un bucato di carta lucida. A due o tre anni, vedevo apparire strani segni, che mio padre riusciva a leggere. Un rito magico, e fu il mio primo incontro con il tedesco. Erano lettere in gotico. Oggi, pochi tedeschi riescono a leggerlo, io ci riesco con molta fatica, se proprio sono obbligato.

Il saggio di Anatol Regnier

Il saggio di Anatol Regnier © Beck Verlag

La “Frankfurter Allgemeine Zeitung” fu l’ultima a stampare in gotico il titolo dell’articolo di fondo in prima pagina, per vezzo intellettuale, fino a pochi anni fa, infine si arrese. Nel 1983, il pittore e falsario Konrad Kujau ingannò gli esperti di tutto il mondo con i diari di Hitler, scritti di suo pugno. Sulla copertina di uno dei quaderni, la “F” in metallo di Führer, in gotico era in realtà una “B”, e nessuno se ne accorse. Una beffa di Kujau. Gli esperti avrebbero dovuto sapere che Hitler odiava l’antica scrittura, perché la considerava creata dagli ebrei, e la vietò esattamente ottanta anni fa, nel gennaio del 1941, come racconta lo storico Anatol Regnier nel saggio “Jeder schreibt für sich allein” (Beck Verlag; 26 euro), ognuno scrive per sé. Un paradosso: il gotico, simbolo della cultura tedesca, inventato dalla razza inferiore.

“Nevica o tira vento, è sempre colpa degli ebrei”, è la beffarda canzone scritta da Friedrich Holländer (1931), An allen sind die Juden schuld, sulla musica dell’Habanera di Bizet. Holländer se ne fuggì all’estero già nel 1933, appena Hitler giunse al potere. Ma in questo caso sono innocenti, non è vero che il gotico fosse una “scrittura ebraica”, come Martin Bormann spiegò nell’editto che lo vietava per i libri e giornali. Perfino il “Völkischer Beobachter”, il giornale del partito nazista era scritto in gotico, che a quel tempo tutti i tedeschi, o quasi, riuscivano a leggere. Cambiò il carattere il primo febbraio.

Gli ebrei, secondo Bormann, si erano impadroniti nel XV e XVI secolo delle tipografie, e avevano imposto i loro caratteri. A causa di questa “congiura ebraica”, il gotico si era diffuso nella Mitteleuropa, e perfino tipografi cristiani come Thomas Anshelm a Tubinga o Johannes Boeschenstein a Augsburg, usavano questi caratteri.

Un falso storico, probabilmente l’editto linguistico non è neanche imputabile personalmente a Hitler, che nel ‘41 aveva altre preoccupazioni. All’inizio della stampa, agli ebrei non era consentito lavorare o tanto meno gestire una tipografia. Era permesso a pochi, come l’ebreo Antonius Margaritha, a Francoforte, che si era fatto battezzare.

oseph-Goebbels-©-Bundesarkiv-B-146-1968-101-20A-©-CC-BY-SA-3.0

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Sarà stata l’idea dello stesso Bormann, o di qualche altro zelante collaboratore. Joseph Goebbels, il ministro della Propaganda, commentò nel diario: «Sehr gut… molto bene, così i bambini oggi non dovranno più imparare un alfabeto superato, e il tedesco potrà diventare veramente una lingua mondiale». Dieci giorni dopo, Hans Heinrich Lammers, capo della Cancelleria, nel comunicare l’ordine a tutti gli uffici pubblici e ministeri, si dimentica degli ebrei, e si limita a spiegare che «il gotico danneggia gli interessi tedeschi all’estero perché molti che parlano la nostra lingua hanno difficoltà a leggere questi caratteri». Paradossale che ancora due anni dopo, nel 1943, parte delle nuove edizioni del “Mein Kampf” di Hitler venissero stampare in gotico.

Vivian Kanner – An allem sind die Juden schuld

© Youtube Vivian Kanner

 

 

© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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