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Gli informatori del Kaiser

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Gugliemo II

Grazie alla Rete siamo spiati passo dopo passo. Si schedano i nostri gusti, le debolezze, e le amicizie. Gli scrittori di gialli faticano a trovare trame credibili: i cellulari registrano dove siamo con l’approssimazione di un metro, quasi impossibile creare un alibi fasullo. Se fingiamo di aver dimenticato il telefonino siamo già sospetti.

Spiati lo siamo sempre stati. Sarebbe superfluo ricordare la Stasi, il servizio segreto della scomparsa DDR. Gli agenti del regime avevano circa 450mila collaboratori più o meno volontari che riferivano su vicini, amici, parenti. Spiavano i preti nel confessionale, le madri denunciavano i figli, o viceversa. Hanno lasciato in eredità 5milioni di dossier, su 17milioni di abitanti, uno per famiglia, più o meno. I tedeschi spiano per dovere sociale, così almeno sostengono, all’Est e all’Ovest.

Guglielmo II

Guglielmo II

Ma era efficiente anche il servizio d’informazione dell’ultimo Kaiser. Si celebrano, a rilento e con difficoltà a causa del Covid, i 150 anni del Reich guglielmino, e il supplemento “Geschichte” (storia) dello “Spiegel” ha dedicato un numero alla vita quotidiana. Prima dei computer, prima dei telefoni, gli Spionen venivano spediti in osteria, a carpire i mugugni dei clienti. Quale giudizio davano sull’Imperatore? Wilhelm II si preoccupava di possibili rivoluzionari, ma era curioso di tutto: che cosa pensavano i sudditi del capitalismo, del colonialismo, di Dio, e delle donne che lavorano?

Non siamo al record della Stasi, ma sono rimasti circa 20mila dossier su cosa pensassero i lavoratori. Il metodo era semplice. Gli Spionen si mischiavano ai bevitori nelle osterie, e assoldavano collaboratori, soprattutto tra i vetturini delle carrozze. Come i tassisti, ascoltavano le chiacchiere dei clienti, e riferivano. I lavoratori non parlavano di calcio e di donne, ma al confronto con l’era di Facebook, litigavano anche su temi elevati. Ad esempio, il 25 maggio del 1895, all’osteria Roggenbaum, si scatenò una disputa su Gesù, figlio di Dio o anche di Giuseppe e Maria? Il 26 aprile parlarono del maniaco che aveva ucciso una bambina di 12 anni. Per decenni i dossier della polizia segreta sono stati dimenticati negli archivi, finché li ha riscoperti lo storico Richard J. Evans durante le ricerche sul colera alla fine del Novecento e ha pubblicato 348 documenti nel libro “Kneipegrespräche im Kaisereich- 1892- 1914”, colloqui nelle osterie nel Reich” (Rowohlt Verlag).

L’imperatrice Sissi

Ad Amburgo, le spie travestite da operai  registrano l’umore dei lavoratori al porto, giorno per giorno per 22 anni, dal 1892 al 1914. Amburgo era una città sospetta, considerata “rossa” da sempre, anche se non si usava questo termine prima della rivoluzione bolscevica. I commenti antisemiti sono rari, ma si ripetono un po’ ovunque, da Berlino a Amburgo a Monaco. Qualcuno protesta perché il governo non interviene per mettere a posto gli ebrei. Più frequenti i giudizi razzisti: i cinesi sono poco civili, i russi sono schiavi dello Zar, e anche degli italiani si ha un’opinione poco lusinghiera, sono corrotti, e dopo l’assassinio dell’imperatrice Elisabeth, la romantica Sissi, anche pericolosi anarchici.

Il ponte delle spie a Potsdam

Il ponte delle spie a Potsdam

I dossier danno un’idea degli umori del popolo durante la Belle Epoque prima della Grande Guerra. Forse. Dalla lettura dei rapporti si intuisce che gli Spionen spesso lavorassero di fantasia, riportavano i discorsi innanzi a un boccale di birra, aggiungendo e colorendo, esagerando. Scrivevano quel che i capi desideravano leggere. Anche perché non avevano alcuna voglia di passare tutte le notti all’osteria. Non dovevano riportare i nomi dei lavoratori, nessuno finiva in galera, e nessuno era così ingenuo, anche ubriaco, da lasciarsi andare a dichiarazioni pericolose. Che il compagno di bevute potesse essere una spia, lo sapevano tutti.

Le osterie erano l’unico punto d’incontro per la classe lavoratrice, riservata agli uomini. Le donne entravano di rado, e comunque non venivano spiate: le loro chiacchiere non erano considerate pericolose. “Senza le Kneipe”, scrisse il socialdemocratico Karl Krausky, “non sarebbe stata possibile una vita sociale per il proletariato, e dunque anche alcuna attività politica”.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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