Tempo fa, è venuto a trovarmi a Berlino un collega, vicedirettore in un giornale (non questo). Mi disse che presto lo avrebbero mandato in pensione anticipata. Io e miei coetanei, aggiunse, siamo gli ultimi che hanno cominciato a lavorare alla vecchia maniera. Intendeva, battendo sulla macchina da scrivere, andando in tipografia dove si componeva l’edizione del giorno doppio a caldo, con il piombo. Chi insegnerà il mestiere ai giovani, dopo di noi? Si preoccupava. Era avvenuto un delitto in città, raccontò, e disse all’ultimo arrivato di occuparsene. Il giovane si mise subito al computer. Non troverai nulla, lo avvertì, vittima e assassino non sono noti, devi andare al commissariato o dai carabinieri, e poi dai vicini a chiedere che è successo. Non si trova sempre tutto in Internet, su Google su Wikipedia.
Non voglio fare dell’ironia. I giovani occupati in un’edizione online, o per un giornale che esce solo in rete, sono pochi, suppongo non pagati come si dovrebbe, lavorano in fretta. Ma il giornalismo è artigianato, anche se a scrivere è un premio Nobel. Le regole base sono semplici, ma vanno rispettate. Quand’era in Europa negli Anni Venti, Ernst Hemingway scriveva per il “Toronto Star” corrispondenze di 80 parole, non una di più. Ho letto un suo incontro con Mussolini a una conferenza stampa, che non spacciò per intervista, non comprese domande e risposte perché ignorava l’italiano. Eppure il ritratto del Duce un secolo dopo è perfetto. Oggi Hemingway copierebbe dalla Rete?
La “Süddeutsche Zeitung” dedica un lungo affettuoso articolo a un rivale cittadino. Il quotidiano di Monaco vende 312mila copie ed ha in media un milione e 300mila lettori, l’“Haidhauser Nachrichten”, le notizie di Haidhauser, vende 1.200 copie di cui duecento in abbonamento, quanto basta per sopravvivere. Haidhausen è un quartiere di Monaco, circa 65mila abitanti, in un suo locale il 16 ottobre del 1919, Adolf Hitler pronunciò il suo primo discorso politico, ma non è un vanto locale. Si vede che i colleghi della “Süddeutsche” hanno rispetto e nostalgia per i giornalisti dilettanti che lavorano ancora a mano. Anche dilettante, amateur, è un complimento.
L’HN, come si sintetizza nella testata, esce una volta mese, diciamo che è una sorta di quotidiano mensile, con notizie di attualità, quelle che non puoi trovare sul rivale venduto in tutta la Germania, e anche all’estero. Vi lavorano in dieci, che non sono vegliardi anche se non adolescenti, il computer lo possiedono e saprebbero adoperarlo, però nella riunione di redazione evitano di accenderlo. Dopo quando si mettono al lavoro usano forbici e colla, e non il copia e incolla elettronico, kopieren und einfügen in tedesco, esattamente come facevo nel secolo scorso giovane redattore agli esteri alla “Stampa” di Torino. Componevo un collage di agenzie, correggevo a mano i termini che non rispettavano lo stile del giornale, evitavo ripetizioni e assonanze, in modo leggibile per i compositori, e in qualche caso aggiornavo gli articoli degli inviati e dei corrispondenti. A volte inviavo in tipografia cartelle rigide e spesse a forza di ritagli incollati sui ritagli.
L’HN esce dal 1975 e Andreas Bohl, il veterano, di professione libraio, fu tra i fondatori. Ma non chiamatelo Chef Redakteur, cioè direttore. In redazione sono tutti alla pari. Nel prossimo numero in prima pagina andrà un articolo sulla crisi degli alloggi, e sul problema dei lavori in casa. Chi li paga, l’inquilino o il proprietario? Lo stesso tema che apparve sul primo numero. Qualche inserzione degli esercenti del quartiere e le vendite a un euro a 50, bastano a coprire le spese, e nessuno viene pagato per il suo lavoro. Non solo scrivere, i redattori si occupano della distribuzione, portando l’HN nei negozi, nei locali, e nei chioschi dei giornali dove viene venduto accanto alla “Süddeutsche Zeitung”. I lettori conoscono i giornalisti, li incontrano per strada, “e ci dicono in faccia”, racconta Bohl, “quel che pensano, sono molto critici… il tuo articolo non mi è piaciuto, e spiegano il perché”. Finché continuerà a uscire l’HN, c’è speranza che i giornali di carta, quelli nazionali, non scompariranno.
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