Guida per amare i tedeschi

Stati Uniti di Germania

0
Germania divisa © CC BY-SA 3.0 Fry1989 WC
Germania divisa © CC BY-SA 3.0 Fry1989 WC

I francesi hanno Parigi, gli inglesi guardano la Regina, anche se sbirciano nel décolleté delle nuore reali, perfino gli olandesi si commuovono in gruppo innanzi a un tulipa­no. Ma noi? Noi abbiamo una capitale solo per parlarne male, e i tedeschi non sanno bene neppure dov’è la loro capitale: a Bonn, piccola città sul Reno, o nella Berlino del Kaiser, di Hitler, e del «muro» invisibile e sempre presen­te? Non basta un voto del Bundestag per convincere milioni di cuori.

Gli italiani possono rifugiarsi nella storia: il cuore palpi­ta ancora per il Comune, anche se i gigli borbonici vengo­no sostituiti dal faccione di Maradona. C’è il Risorgimen­to, e dopo il fascismo abbiamo la Resistenza. In Germania è più difficile: confrontarsi con la storia esige un esame di coscienza. Questo spiega forse perché in Germania il pri­mo Heimat ebbe successo, e il secondo molto meno.

«Tutto quel che viene mostrato nella prima serie non esiste più», ha detto il regista Reitz. Prati e boschi, le tranquille strade di Schabbach, i vestiti, il modo di parlare, appartengono a un passato che la maggioranza dei tedeschi non ha mai conosciuto. È la nostalgia dell’uomo inur­bato per una campagna da favola, per una storia locale fat­ta di vicende di famiglia, di racconti orali, con pochi telefoni, qualche radio, niente televisione: la memoria colletti­va di una regione. La storia parla in dialetto. Quella con la “Maiuscola ha la voce stridente del Fuhrer.

Un lungo discorso per cercare di tradurre (e parzialmen­te) il termine Heimat. Il Vaterland, la patria solenne, è una parola che molti tedeschi non riescono a pronunciare senza imbarazzo e di cui Helmut Kohl ha abusato durante la lun­ga (esta della riunificazione. In Vaterland rimbombano i cannoni dei Krupp e il ritmato passo dell’oca. Vaterland pretende il nostro sangue. Heimat il nostro amore. Vater­land fe neutro, Heimat femminile (in passato, mi svela lo scrittore von Crockow, era maschile, e per lui e per me questi particolari hanno importanza). Vaterland evoca il Reno possente di Sigfrido e Wagner, e anche della bella letale Loreley. Heimat evoca una birreria sulle sponde dello stesso fiume, Vaterland è la patria con in più il senso dello Stato. Heimat è patria con il sentimento.

Ma il sentimento di che cosa? Per un nomade l’Heimat può essere la tenda, anche in territorio nemico: nella Hei­mat ci si sente a casa propria. Quale sarà l’Heimat di un Günther Grass, nato in una città divisa, dalle famiglie di­vise, come Danzica, tedesca e polacca, né tedesca né polac­ca? Per il bavarese Franz Beckenbauer l’Heimat sarà forse il muretto contro cui scagliava la sua prima palla, o l’odore dello spogliatoio. Heimat può essere il sorriso della donna amala, o il ricordo degli occhi del nostro primo amore. E i! luogo dove si è trascorsa l’infanzia, il cortile d’un palazzo in periferia, la cabina d’una chiatta, la fattoria sperduta in pianura. Heimat è nostalgia.

Il film di Reitz si ispirava alla lontana al libro di Kurt Tucholsky Deutschland, Deutschland über alles, pubblicato nel ’29, le cui ultime righe dicono pressappoco: «Quel che rimane, al di là d’ogni contraddizione, senza bandiera, sen­za sentimentalismo, e senza brandire la spada, è il tranquil­lo amore per la nostra Heimat». O si dovrebbero ricordare le parole di Ernst Bloch: «Heimat è un’utopia non risolta, il paradiso terrestre ».

Per la patria, in Italia e in Germania, non si piange più, e nemmeno si muore. Al massimo si può fare il «tifo», il che non mi sembra deprecabile.

Print Friendly, PDF & Email
jav xxx
tube
mm
Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

Commenti

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *