ÜBER ALLES IN DER WELT
Deutschland über alles, risuona l’inno tedesco, e a milioni vengono i brividi, in Finlandia o in Turchia. E non perché la musica sia di Haydn. Nonostante l’idiosincrasia per la lingua di Heine e di Kant, tutti sanno che cosa significano quelle parole, e sono convinti di udirle benché da mezzo secolo nessuno le canti. Deutschland über alles, über alles in der Welt…: Germania sopra ogni cosa, sopra ogni cosa al mondo, versi tabù, come quelli che seguono e che elencano con precisione teutonica i confini del Reich, dal Memel (fiume che nessun italiano, temo, saprebbe indicare sulla carta geografica) all’Etch, altro nome che lascia indifferenti i miei connazionali finché apprendono che è il familiare Adige. Allora si indignano, pronti a scattare in piedi e intonare «Il Piave mormorò: non passa lo straniero».
Anche gli inni nazionali rispecchiano la mentalità di un popolo, come la tattica calcistica, i «bianchi» di Beckenbauer all’attacco e gli azzurri in difesa. Catenaccio contro imperialismo, revanscismo e rivendicazioni territoriali? «Via», commentava Golo Mann, «quei versi non sono da prendere alla lettera, sono ormai poesia…» Il figlio di Thomas Mann veniva considerato un conservatore, un tipo di cui non fidarsi del tutto, dunque, ma anche l’insospettabile «Pravda» rassicura i suoi lettori: i tedeschi possono canta- re per intero il loro inno, senza limitarsi alla strofa che inneggia all’unità e alla fraternità, e non per questo hanno ‘ intenzione di riconquistare i territori perduti con l’ultimo conflitto.
Eravamo nel ’90, nei giorni entusiasmanti (per alcuni Preoccupanti) della riunificazione, e si tornava a discutere sull’inno nazionale. Nasceva una nuova Germania: non era il momento giusto per cambiare quell’inno imbarazzante? In fondo, si suggeriva, nessuno lo ha mai scelto ufficialmente: la Costituzione si limita a indicare la bandiera della Repubblica Federale.
Deutschland über alles è una sorta di scippo: la musica di Haydn era l’inno del Kaiser dell’impero austro-ungarico, e i tedeschi se ne appropriarono nel 1922 adattandovi il testo poetico di Hoffman von Fallesleben. Sembra che non piacesse tanto all’austriaco Hitler, che pensava di cambiarlo dopo aver liquidato il problema della guerra. Nel ’45, gli Alleati vietarono l’inno, e per anni si rimase nell’incertezza. Adenauer vi era affezionato, il primo presidente della Repubblica, Theodor Heuss, preferiva cambiare. Tra i due si arrivò quasi a un duello.
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