Guida per amare i tedeschi

Stati Uniti di Germania

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Germania divisa © CC BY-SA 3.0 Fry1989 WC
Germania divisa © CC BY-SA 3.0 Fry1989 WC

HEIMAT E VATERLAND

Oltre a Panzer, Liebe e Krieg, c’è un’altra parola tedesca che gli italiani hanno imparato di recente: Heimat, grazie alle due serie TV di Edgar Reitz, che hanno avvito più suc­cesso da noi che in Germania.

Heimath una parola intraducibile, anche se per comodi­tà viene resa con «patria». Lo è, ma non del tutto. E di meno e di più nello stesso tempo.

Tedeschi e italiani hanno qualcosa in comune. Parados­salmente, due Paesi che nella loro storia di ieri hanno co­nosciuto una sbornia nazionalistica sono uniti da una «mancanza»: da una salda, chiara idea di patria.

Subito dopo la riunificazione, il leader della sinistra so­cialdemocratica, Oskar Lafontaine, fu piuttosto prudente sulle forme che la solidarietà verso i «ritrovati fratelli del­l’Est» avrebbe dovuto prendere. Aveva ragione, ma perse le elezioni. Perfino il compagno di partito, Bjorn Engholm, che è del nordico Schlewig-Holstein, osservò: «Io mi sento più vicino alla gente del Mecklenburg e della Pomerania che agli abitanti della Saar di Oskar». Engholm mi disse che sognava una sorta di federazione dei popoli del Balti­co, da Kiel alla Danimarca, fino a Lituania, Estonia, Let­tonia. Riga e Danzica sono rimaste città tedesche, nono­stante tutto, molto simili a Lubecca o a Rostock.

Un bavarese si sente più vicino a uno svizzero di Zuri­go, a un austriaco di Salisburgo o a un altoatesino, di quanto lo sia a un berlinese o a un «gelido» anseatico di Amburgo o di Brema. Preiss, per prussiano, è un insulto che costa una multa se rivolto a un abitante di Monaco o di Norimberga. Non è punibile, invece, se rivolto a un tu­rista venuto dal Brandeburgo, un prussiano appunto. Niente accomuna un sassone a un allegro renano, come po­co lega un siciliano a un veneziano. Secondo un sondaggio, il 60 per cento dei tedeschi si identifica con la propria regione e non con lo Stato nazionale. Con la casalinga Heimat, e non con il cupo Vaterland.

Diversità sottolineate dai cibi (risi e bisi contro pasta con le sarde; Aalsuppe, la zuppa di anguilla con l’uvetta de­scritta da Thomas Mann nei Buddenbrooks, contro wurstel e crauti), dalle tradizioni, dai costumi, dalle canzoni. Per non parlare dei dialetti.

Eppure che cosa fa saltare a fianco a fianco un italiano o un tedesco? Lo sventolare di un drappo tricolore, il loro o il nostro, o una maglia azzurra? Un’aria di Verdi o l’Inno alla gioia di Beethoven? Le erotiche vibrazioni nella voce di Marlene Dietrich o gli acuti di Claudio Villa?

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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