Ieri, oggi, domani

Ciao, s’ciavo, sclavus. Un saluto a tutti voi!

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Ciao 2019 © il Deutsch-Italia
Ciao 2019 © il Deutsch-Italia
Dorelli-Modugno vincitori del Festival di Sanremo del 1959

Dorelli-Modugno vincitori del Festival di Sanremo del 1959

L‘anno scorso il quotidiano di Monaco di Baviera “Süddeutsche Zeitung” (SZ) aveva celebrato con un articolo in prima pagina la nascita del termine “ciao” avvenuta “si dice, circa 200 anni fa”. Stando alla cronistoria, il termine “ciao” appare per la prima volta in una lettera dello scrittore toscano di tragedie Francesco Benedetti che composta nel 1818 alla Scala di Milano termina con un caloroso “ciau Benedetti”. L’articolista della SZ spiega poi che gli italiani del Nord avrebbero tanto allungato la “u” fino a farla suonare come una “o”. “Ciao” divenne poi molto popolare sull’onda del successo della canzone “Piove” (Verde-Modugno) cantata da Johnny Dorelli al Festival di Sanremo nel 1959 con il suo refrain “Ciao ciao bambina”. Poi arrivò la Piaggio con la produzione del motociclo “Ciao” seguita anche da diverse specialità culinarie che per le loro campagne pubblicitarie utilizzarono il termine divenuto ormai popolare. Nella fase finale della Seconda guerra mondiale vi contribuì probabilmente anche la canzone “Bella ciao”, divenuta nell’immaginario collettivo (anche se non lo era) l’inno degli antifascisti e della sinistra italiana.

“Ciao” é un modo amichevole di salutarsi tra amici, o comunque tra buoni conoscenti, che ultimamente ha scavalcato i confini italiani per diffondersi in tutta l’Europa e, in parte, anche in molti altri continenti del mondo. Per quanto mi riguarda, non riesco a trattenere il sorriso quando in Germania me lo sento dire, non soltanto da persone considerate amiche, ma anche da un impiegato di un negozio o di un grande magazzino che vedo per la prima volta. Di solito non resisto alla tentazione di chiedere a chi, non conoscendomi, m’indirizza un simile confidenziale saluto se mai conosca la provenienza della parola “ciao” e quale sia il suo vero significato. Devo dire che nella stragrande maggioranza dei casi sinora non ho mai avuto risposta alla mia domanda e ciò mi fa capire come in Germania, e credo anche in tutto il resto dell’Europa, non ci si renda bene conto del grado di familiarità implicito in questa forma di saluto. A Venezia, la città dalla quale il termine proviene, il “ciao” ha oggi un suono e un significato completamente diverso dall’originale. Anche per me, nato e cresciuto all’ombra della Repubblica veneziana, “ciao” era semplicemente un’espressione dialettale per salutare gli amici e, soltanto molto più tardi, un insegnante di latino mi spiegò che “ciao” veniva dal dialetto veneziano “s’ciavo”, che a sua volta veniva dal latino degli antichi romani, e significava semplicemente “sclavus”, vale a dire schiavo. helloOggi quando una persona a Venezia lo dice in occasione di un incontro in una calle o in piazza San Marco, o parlando al telefono, il termine assume il significato di un saluto amichevole e rispettoso, sono “il vostro schiavo”. Salutarsi con un “ciao” è certamente più bello che salutarsi con Hello, Hallo o Hola, scrive il quotidiano di Monaco citato all’inizio, secondo il quale in fatto di notorietà mondiale linguistica la parola “ciao” verrebbe soltanto al secondo posto dopo “pizza”. Nella parola “ciao” – cosi la “Süddeutche Zeitung” – risuona tutta la gioia della familiarità e dell’amicizia italiana. A questo punto non mi resta che terminare con un caloroso “ciao”, augurando buona fine feste e buon 2020 a tutti i lettori de “il Deutsch-Italia”.

 

Ci vediamo l’anno prossimo (la redazione)

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Luciano Barile è stato per oltre vent’anni, dal 1974 al 1996, il corrispondente ufficiale da Bonn del quotidiano economico-finanziario IlSole24Ore, testata per la quale ha continuato a collaborare fino al 2013. Ha lavorato, inoltre, sempre da Bonn come redattore economico per l’agenzia di stampa ANSA e per circa quarant’anni per l’ente radiofonico Deutschlandfunk

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