Lo scorso sabato a Berlino si è tenuta una grande manifestazione denominata dai mass-media come quella dei cosiddetti “negazionisti” del Covid-19. Al contrario, per essere precisi, i partecipanti hanno manifestato contro le misure di emergenza messe in atto dal Governo tedesco per far fronte a quella che è stata una crisi pandemica mondiale. Naturalmente la politica ufficiale ha fortemente criticato il comportamento dei partecipanti: «Sì, le dimostrazioni devono essere possibili anche ai tempi del Coronavirus. Ma non così». Così riporta il quotidiano “Die Welt“ in un articolo sull’evento.
Come in ogni manifestazione che si rispetti c’è stata guerra sul numero dei partecipanti: oltre il milione secondo gli organizzatori, mentre la stampa ufficiale tende notevolmente al ribasso (17mila), così come i bollettini della polizia (20mila). Unica e possibile considerazione da fare e che tutto il viale che parte dalla Porta di Brandeburgo e arriva alla Colonna della Vittoria (die Straße des 17. Juli), con le relative arterie circostanti, era pieno di gente, di famiglie e di persone che vivono e lavorano quotidianamente nelle fabbriche, nei servizi e in ogni angolo produttivo del Paese: in altra epoca sarebbero stati chiamati proletari. Presenti c’erano le bandiere arcobaleno, quelle tedesche, quelle delle associazioni di lavoratori o associazioni sportive. Pensare ad una manifestazione agguerrita e pronta ad una sommossa è totalmente sbagliato, perché all’evento erano presenti individui di tutte le età, con bambini, cani e persone di ogni tipo che ogni tanto scandivano qualche slogan attinente ai motivi della protesta o contro il nazismo al grido: “Nazi Raus”, “Fuori i nazisti”.
Al corteo si sono visti cartelli e bandiere di diversi Länder federali, ma anche quelli portati da rappresentanti di altri Paesi come l’Austria, la Norvegia, la Svezia e altri ancora. La gente ha espresso il proprio disappunto per le misure di protezione contro il Covid-19 usando fischietti e chiedendo il ritorno alla “libertà”, mettendo in atto una “resistenza” contro l’imposizione che viene dall’alto, ovvero dai Governi o da organizzazioni mondialiste come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che impongono misure restrittive in materia di libertà individuale e non solo.
L’iniziativa è stata proposta e messa in atto dal movimento “Querdenken 711”, che già da svariate settimane manifestava a Stoccarda. Il padron del movimento è l’aspirante sindaco di della città tedesca Michael Ballweg, ed è stato lui a parlare sul palco, spiegando le ragioni della manifestazione stessa. L’aspirante sindaco ha scandito ripetuatamente uno slogan che è stato il filo conduttore del suo discorso : «I diritti fondamentali si chiamano diritti fondamentali perché devono essere applicati anche in casi catastrofici». Il motto della manifestazione è stato: «La fine della pandemia – Festa della libertà». Sempre Ballweg ha ribadito che il movimento non ha una identità politica e non vuole essere collocato ideologicamente, ma al contrario tanto il movimento che l’evento di sabato si ispirano ad alcuni articoli della Costituzione tedesca, e non vogliono derogare da questi stessi reputati “fondamentali ed inconfutabili”.
I punti trattati sono stati chiari: 1) immediata abolizione di tutte le restrizioni legate al Covid-19; 2) ritorno ai pieni diritti fondamentali costituzionali dei cittadini; 3) nuove elezioni nazionali in Germania nell’ottobre 2020.
Secondo il senatore agli Interni di Berlino Andreas Geisel (SPD), all’evento hanno partecipato diverse organizzazioni neonaziste. Sicuramente ci sarà stato qualche infiltrato dell’estrema destra, pronta a rovinare lo spirito pacifico e trasversale dell’iniziativa, ma dall’altra parte c’erano i centri sociali, insieme ai militanti della SPD, pronti ad aggredire la manifestazione bollandola come nazista o catalogabile in modo facile come promossa dalla parte dei “cattivi”. Bisogna segnalare inoltre che il teorico della cospirazione anti-pandemica Attila Hildmann, anche egli invitato a prendere parte all’evento dagli organizzatori, era stato preventivamente bandito, “invitato” dal ministero federale degli Interni a non partecipare con la specifica accusa di sedizione e tentata sedizione. Per Hildmann è il secondo divieto consecutivo a partecipare ad un raduno.
Durante lo svolgimento del corteo ho chiesto ad uno dei manifestanti le ragioni che lo hanno spinto da cittadino a partecipare ed aderire al movimento “Querdenken 711”.
Come si chiama? Che lavoro fa e soprattutto di dove è?
Mi chiamo Germar K. e sono di Berlino, di Berlino Est. Ho visto la caduta del Muro e la trasformazione della mia città e della Germania in generale. Io lavoro come assistente bagnante in una piscina di Berlino e amo il mio lavoro.
Come mai si trova qui? La pandemia è reale, e soprattutto i numeri la confermano e ci dicono di non abbassare la guardia perché può ritornare. Lei è d’accordo con questa affermazione?
In parte. La pandemia è anche un modo di controllare la vita della gente, soprattutto in un momento difficile come questo. La pandemia si sovrappone al crollo del Capitalismo e dei mercati finanziari. Infatti, dal 2007 l’economia dell’Occidente è in grave crisi. Un altro crollo irreparabile era all’orizzonte. Siamo arrivati ad oggi con un meccanismo che sembra inceppato, e il Coronavirus ha dato l’opportunità di mascherare questa crisi.
Perché, cosa avviene in realtà?
Dopo decenni di declino, il progetto della civiltà occidentale è in fondo alla sua credibilità. Le scoperte scientifiche sulle conseguenze dell’attività economica sulla società, sulla materia naturale del pianeta e sul singolo essere umano sono state sistematicamente ignorate e negate, anzi la pandemia ha dato la possibilità di passare sopra le leggi e ai diritti fondamentali degli individui, facendo diventare la nostra Costituzione un’astrazione.
Qual è il vostro simbolo? Oggi siete in tanti e la domanda centrale è questa: cosa volete?
Il nostro simbolo è un cuore con un motto che recita il nostro desiderio di avere una Repubblica democratica. Noi desideriamo avere una democrazia in Germania, libera dal fascismo, che sia autodeterminante, scientifica e libera. Dove la pandemia non deve essere un fatto per occultare giochi di potere dietro i quali non ci è possibile vedere e capire cosa vogliano realmente ottenere le grandi multinazionali. A mio parere non vogliono che la distruzione del nostro Paese e della classe lavoratrice, rendendola sempre più povera e insicura. Adesso devo andare, grazie. Lunga vita alla nostra nuova Repubblica federale!
Cosi il nostro intervistato si perde nella folla al grido «Wir bleiben hier – Noi rimaniamo qui», perché si è avuta notizia che la polizia aveva avuto l’ordine di spegnere i microfoni e disperdere la manifestazione.
Cosa posso dire? Io sono andato in veste di giornalista e di persona che vuole capire la realtà, perché quella attuale è una realtà difficile da vivere per chi appartiene al ceto medio e si sente colpito nel profondo delle proprie libertà. Questo non lo si può negare, come non si può negare l’esistenza del Covid-19 che, al contrario, ha colpito duramente in varie parti del mondo. Ma questa non può e non deve essere una scusa per limitare i diritti che le varie costituzioni hanno stabilito come fondamento delle democrazie dei vari Paesi, conquistati con dure lotte e, in alcuni casi, anche con il sangue dei protagonisti che li hanno resi possibili.
Oggi viviamo un’omologazione planetaria e i media sono tra i maggiori responsabili di questo appiattimento culturale, levandoci la capacità critica, con la tendenza in generale a riconoscersi nel facile giudizio. Come ebbe a dire il sociologo e filosofo spagnolo Ortega Y Gasset «La stampa quotidiana si crede in diritto di rendere pubblica la nostra vita privata, di giudicarla, definirla. Il potere pubblico ci forza a cedere ogni giorno maggiore quantità della nostra esistenza alla società».
Forse si è manifestato anche per ribadire una resistenza a tale tendenza.
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