La stella della sinistra è di destra? Sahra Wagenknecht ha il difetto imperdonabile di dire quel che pensa e, ancor peggio, di avere ragione. Non sempre, quasi. Ed è bella, non un difetto, ma un handicap. Da quando, molto giovane, ha conquistato la ribalta politica dà fastidio ai compagni della “Linke”, il partito dell’estrema sinistra, con le sue idee che mal si conciliano con il politically correct, che lei giudica un’ipocrisia.
Oggi arriva in libreria il suo ultimo saggio, ma già da giorni era possibile comprarlo, “Die Selbstgerechten” (Campus Verlag; 24,95 euro), titolo che si può tradurre con gli ipocriti, arroganti, presuntuosi, opportunisti. Sarah, 51 anni, si è quasi giocata la candidatura al Bundestag alle prossime elezioni (26 settembre). È stata confermata con appena il 61 per cento, quasi un’offesa. Di solito, i compagni scelgono i loro leader con percentuali oltre il 90. Alla vigilia, era quasi probabile la bocciatura.
La “Linke” nei sondaggi è inchiodata al sette per cento, nonostante la crisi dei grandi partiti, dei socialdemocratici e dei cristianodemocratici logorati dagli anni della Große Koalition e dal Covid. Il partito non riesce a attirare quanti sono delusi dall’SPD, che preferiscono votare Verde o, perfino, per i populisti dell’AfD. «Stiamo perdendo i nostri elettori», ammonisce l’autrice. Quanto rimprovera alla sinistra tedesca dovrebbe interessare anche quella italiana.

Fridays for Future: FDP-Chef Lindner fordert Schülerinnen & Schüler auf, nur außerhalb der Unterrichtszeit für Klimaschutz zu demonstrieren © Paolo Calleri
Il capitolo su “Fridays for Future” è intitolato “Il cambiamento climatico come alibi”, non certo diplomatico mentre tutti seguono il trend dei Verdi a caccia di voti. Ma, incalza Sahra, la sinistra non ha un’ideologia, ha scelto solo uno stile di vita alla moda. E arriva a lodare il PiS, il partito del polacco Kaczynski, che realizza «una coraggiosa politica sociale».
Denuncia l’ipocrisia nei confronti dell’immigrazione, che vorrebbe vietare ai giornali di riportare i crimini compiuti dagli immigrati. «Il libro è un’unica dichiarazione d’amore alla destra», l’accusa il compagno Thies Gleiss. Per la portavoce della frazione parlamentare della Linke, Simone Barrientos, «è un calcolato attacco ai tabù».
«Le citazioni dal mio libro vengono estrapolate dal contesto, è una manipolazione per mettermi sotto accusa», risponde l’autrice. È abituata agli attacchi, e due anni fa si dimise dalla direzione del partito: «Accusarmi di essere razzista è una follia». Certamente, oggi si combatte contro i tabù: l’orientamento sessuale, il colore della pelle o l’etnia, funzionano sempre per far tacere ogni critica. «E un passaggio intollerabile del libro», si indigna il deputato Niema Movassat: «Se mio padre immigrato dall’Iran non trova posto come ingegnere non è perché finge di essere una vittima».
Anche il padre di Sahra, nata a Jena, nella scomparsa DDR, era venuto dall’Iran. Studiava a Berlino Ovest e conobbe sua madre all’Est, e si dileguò dopo la sua nascita. Lei non tollerò il servizio militare e il regime le impedì di studiare. La caduta del “muro” le regalò la libertà, ma cominciò a militare nel PDS, l’erede del partito comunista, e poi nella Linke fondata da Oskar Lafontaine, deluso dall’SPD, “Oskar il rosso”, per cui il cuore batte sempre a sinistra. Dal 2011, Sahra vive con Lafontaine e lo ha sposato tre anni dopo.
Sarah ridicolizza l’arroganza e la stupidità della sinistra che vuol vietare “Via col vento”, mette all’indice Hegel (come fanno i compagni italiani, citati nel libro), e crede di combattere le multinazionali come la Unilever obbligandola a cambiare il nome della “Zigeunersauce”, la sala piccante alla zingara, invece di preoccuparsi dei 550 lavoratori dello stabilimento di Heilbronn che rischiano di perdere il posto. «Che cosa è destra che cosa è sinistra?» si chiede Sahra, non sa rispondere, ma è sicura che quelli che credono di essere di sinistra, risultano antipatici alla gente.
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