Le stazioni sono amate dagli scrittori e dai registi, sempre meno dai viaggiatori. Un luogo perfetto per l’inizio o la fine di una storia d’amore, o per farla finita con la vita. Tolstoj decide che la sua Anna Karenina si butti sotto un treno. Celia Johnson e Trevor Howard si incontrano al caffè di una piccola stazione e si innamorano, sarà un “Breve Incontro”, come avverte il titolo del film di David Lean che fece spargere molte lacrime nel 1946. Tralasciamo le tante pellicole sull’“Orient Express” tratte dal romanzo di Agata Christie. Jennifer Jones e Montgomery Clift avranno un breve incontro alla romana in “Stazione Termini” (1953) di Vittorio De Sica.
La stazione, inaugurata nel dicembre del 1950, ancor oggi è una riuscita opera d’architettura, ma –confesso- non avrei mai creduto che venisse giudicata tra le migliori dieci stazioni d’Europa, anzi appena fuori dal podio, al quarto posto, dopo Saint Pancras a Londra, Zurigo e Lipsia in quella che fu la Germania Orientale. I tedeschi entrano in classifica con altre quattro stazioni, con Monaco, Amburgo, Berlino e Francoforte. Vincono come squadra, cinque su dieci. Loro sono perfezionisti e incontentabili, e avrebbero voluto essere i migliori in assoluto. A un onorevole ottavo posto, prima di Mosca e di Francoforte, troviamo Milano.
Il giudizio della CCC, l’organizzazione internazionale dei consumatori, ha stupito i tedeschi che non sono affatto soddisfatti delle loro Bahnhöfe, e stupisce anche me. La stazione Termini non ha una zona per le auto private, dove si possa sostare per un minuto e far scendere un passeggero o prenderlo all’arrivo. Più grave la ristrutturazione della Stazione Termini e della Centrale milanese, trasformate in una sorta di Grande Magazzino, come la Rinascente o le Galeries Lafayette. Si trova di tutto, tranne una panchina dove sedersi: a Roma solo banchine lungo i binari, e a Milano i posti sono pochissimi. Chi entra alla stazione non è un passeggero in arrivo o in partenza, ma un consumatore obbligato a stare in piedi passando da un negozio all’altro.
La nuova Hauptbanhof di Berlino ha soppiantato la storica stazione dello Zoo, ed è la più grande d’Europa, ma i passeggeri sono appena 110milioni, quasi la metà di Amburgo (oltre 200milioni), e dieci milioni meno di Milano, quaranta meno di Roma. La classifica dell’Associazione consumatori segue anche altri criteri. Dopo il numero dei passeggeri in rapporto ai binari, è importante il numero dei collegamenti nazionali e internazionali (e Berlino geograficamente al centro della nuova Europa, si trova in realtà decentrata, non è ancora il cuore del Continente). Poi contano gli ascensori, gli accessi privi di barriere, e i collegamenti con i mezzi di trasporto locali, metropolitana, bus.
Avrebbe vinto Lipsia, si rammarica “Die Welt” se la città avesse più collegamenti internazionali. Lipsia ne vanta appena uno, contro i dieci di Londra e Zurigo. Monaco è “punita” a causa dell’insufficiente collegamento con i trasporti cittadini e perché offre pochi negozi. Per me, quasi un titolo di merito. Conta anche la pulizia. In molte stazioni, non solo italiane, entrare in una toilette richiede una certa dose di coraggio.
Eppure tenere pulita una stazione è più facile che in passato quando i treni andavano a vapore e affumicavano vetrate e passeggeri. Oggi sarebbe impossibile girare in stazione la più sensuale sequenza cinematografica, quella di Marilyn Monroe che avanza lungo la banchina al ritmo della sbuffante locomotiva, in “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder. I treni sono meno romantici da quando sono elettrici e hanno quasi abolito i vagoni letto. E come può avvenire un breve incontro senza panchine?
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