La storia d’Europa è una storia di guerre e di battaglie. Esattamente 150 anni fa, il sei agosto del 1870 al Roter Berg, la montagna rossa, non lontana da Saarbrücken, si scontrano gli eserciti del re di Prussia e di Napoleone III. I tedeschi hanno già perduto, ma non se ne rendono conto, come è loro abitudine. I francesi hanno già vinto e non lo capiscono, e cominciano a ritirarsi.
Quel giorno nasce il Reich di Bismarck, i vari Stati tedeschi si sottomettono al re di Prussia, Wilhelm I, che sarà incoronato Kaiser, imperatore, ma conservano una loro indipendenza. E, in un certo modo, nasce anche la nostra Europa. Si celebrano i 150 anni, ma l’anniversario è scomodo per la Germania di Frau Angela. Si preferisce celebrare senza enfasi, per non turbare i rapporti con Parigi. Come sempre per Berlino, il passato è scomodo. I rapporti dei tra i popoli e gli Stati in Europa sono confusi. Per capire, forse meglio di un saggio di storia, sarebbe più utile e piacevole rileggere un romanzo, il “Barry Lyndon” di Thackeray (1844), o rivedere il film di Kubrik (1974). L’affascinante e sprovveduto protagonista si trova a combattere nelle guerre del suo tempo, un po’ sotto tutte le bandiere. Trentamila bavaresi combatterono con Bonaparte contro la Russia, e tornarono in duemila perché furono sacrificati in retroguardia durante la ritirata. La Baviera cambiò alleanza e passò con l’Austria. L’imperatore dei francesi minacciò di radere al suolo Monaco, ma, sconfitto a Waterloo, non fece in tempo.
Napoleone III, che nel 1852 si è fatto incoronare imperatore, da bravo francese, convinto che il suo esercito sia il più forte al mondo, cade nella trappola di Bismarck, che riesce a creare nell’emergenza della guerra un’unità tedesca in apparenza provvisoria. Nell’estate del 1870, l’”armata del Reno” prende posizione sul confine intorno a Metz. Napoleone vorrebbe guidarla di persona, ma lo convincono a rinunciare per motivi di salute. I tedeschi sono inferiori di numero, e in apparenza meno organizzati.
Verso le 17, del sei agosto, i tedeschi vengono inchiodati sulle loro posizioni, ma i francesi temono di avanzare, e cominciano a retrocedere. E perderanno la guerra. Verranno sbaragliati il primo settembre a Sedan, cade Parigi, Napoleone abdica. La Francia è costretta a pagare una somma enorme per i danni di guerra, cinque miliardi di franchi, a rate, a cui si aggiungeranno 260milioni di interesse. Difficile calcolare il valore odierno. Grazie al “bottino”, la Germania inizia la rivoluzione industriale, il primo miracolo economico.
Nella storia d’Europa alla fine si parla sempre di quattrini, ieri come oggi. Nel 1918, a Versailles, la Francia pretende danni per venti miliardi di Goldmark, pari a settemila tonnellate d’oro. Non basterebbero le riserve auree del mondo intero. Una vendetta che mette la Germania in ginocchio, provocherà una tragica inflazione, e l’avvento di Hitler.
Il primo passo per l’Europa unita è l’intesa tra De Gaulle e Adenauer. I due nemici si stringono la mano. E subito dopo arriva l’Italia di De Gasperi. I padri d’Europa parlano tutti tedesco, si deve conoscere la lingua del nemico di ieri per trovare un’intesa. Anche De Gaulle, che aveva un nonno bavarese, ma preferisce essere discreto. Ancora nel 1960, il generale farà pressione perché a Venezia il “Leone d’oro” non premi “Il passaggio del Reno” di Andrè Cayatte. Una storia scomoda: Charles Aznavour, semplice soldato prigioniero in Germania, dopo la guerra preferisce tornare al di là del Reno, per amore di una giovane contadina, meglio vivere in Germania che nella Francia del dopoguerra. Bisogna stare attenti a non ferire i sentimenti popolari. Vince Cayatte, e Visconti dovrà accontentarsi del “Leone d’argento” per “Rocco e i suoi fratelli”.
L’anno dopo, Berlino è divisa dal Muro, e De Gaulle riceve a Colombey-les-deux- Eglises, Willly Brandt, il borgomastro della città, e lo saluta in tedesco: anche noi vi difendiamo, è il messaggio, non solo gli americani. Per questo meglio non ricordare, non troppo, Bismarck, 150 anni dopo. Il Deutsches Museum di Monaco si oppose alle pressioni di Hitler per accogliere la statua del Cancelliere, scolpita da Fritz Behn, un ammiratore di Mussolini. E non l’accoglie neppure oggi. I bavaresi non amano i prussiani. E Frau Angela e monsieur Macron, per capirsi tra loro a quattr’occhi parlano in inglese.
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L’esercito prussiano della Guerra dei 7 anni nel capolavoro di Kubrick
© Youtube Patterson R.
Per gentile concessione di Italia Oggi
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