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Il telegiornale ritarda di 44 secondi

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Il Tasgesschau della ARD © ARD
Il Tasgesschau della ARD © ARD
Judith Rakers © CC BY-SA 4.0 Raimond Spekking WC

Judith Rakers © CC BY-SA 4.0 Raimond Spekking WC

Una decina di secondi prima delle 20, sull’“Ard”, il primo canale pubblico tedesco, appare il quadrante di un orologio, comincia il conto alla rovescia, la lancetta avanza, e alle venti in punto inizia il “Tagesschau”, il telegiornale che durerà esattamene quindici minuti, quanto basta per dare le notizie che contano, senza i commenti inutili dei politici. Alle venti e un quarto vanno in onda i programmi della sera, che potranno essere un poco osé perché i bravi bambini dovranno già essere a letto.

Sabato scorso, la lancetta ha continuato ad avanzare oltre l’ora fatidica, per ben 44 secondi. Infine è apparsa la bionda Judith Rakers, la Speakerin, femminile di Speaker. Un ritardo che ha inquietato milioni di telespettatori, in migliaia hanno scritto mail o telefonato alla “Dpa”, l’agenzia nazionale come la nostra “Ansa”, o all’“Ard”. Che cosa era avvenuto? Frau Judith ha spiegato poco dopo che si era trattato di un banale incidente tecnico, provocato dalla sigla delle notizie sportive che rimaneva in onda.

Non me ne sono accorto perché mi sono collegato in ritardo, vizio degli italiani secondo i tedeschi, ma probabilmente non ci avrei dato peso, superficiale sempre come gli italiani. In effetti è importante, non il ritardo, ma la sorpresa e lo sgomento dei tedeschi, convinti che la puntualità sia una delle antiche virtù prussiane, e che loro siano ancora i più puntuali degli europei.

Zeit

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Agli appuntamenti tra amici, era tollerato il quarto d’ora accademico, privilegio dei professori. Al sedicesimo minuto, l’amico ti piantava in asso. Per non confermare i pregiudizi, arrivavo sempre in anticipo. Era un mio piacere da immigrato, leggere lo sgomento del tedesco in ritardo che perdeva altri minuti in scuse. La tolleranza di un latino era un’umiliazione intollerabile. Nei programmi per le conferenze la sigla c.t., cum tempore, era importante. Si sarebbe cominciato senza il minimo ritardo. S.t., sine tempore, era più tollerante, per i latinisti e i latini.

I treni erano puntuali. Alla provinciale stazione di Bonn, capitale provvisoria, l’altoparlante annunciava i ritardi, e poi spiegava: il rapido per Francoforte è partito dal Belgio o dall’Olanda, ed era in ritardo alla frontiera. Sempre colpa degli altri, anche belgi e olandesi, benché nordici, non erano affidabili. All’Opera o teatro, se giungevi con un minuto di ritardo, restavi fuori fino all’intervallo. Una sera alla “Deutsche Oper” il sipario si alzò mezz’ora dopo l’orario previsto, ma era colpa del regista che aveva concluso le prove pomeridiane era in ritardo. “È francese”, si scusò la maschera.

Ulrike Meinhof quando faceva la giornalista © GFDL 1.2

Ulrike Meinhof quando faceva la giornalista © GFDL 1.2

Mi trovai il primo giugno del 1972 a Francoforte, i terroristi della Baader Meinhof avevano annunciato che alle 12 sarebbero esplose tre bombe in centro. Attesi l’ora fatidica nel bar di un albergo con vetrate sulla piazza della stazione. Un quarto d’ora prima delle 12 la città si svuotò. Nel bar rimanemmo in quattro, io, Sandro Viola, della Stampa, Cesare De Carlo del Resto del Carlino, e il barista, anche lui italiano. A Stoccarda, tornarono in strada alle 12 e 15, nel caso l’attentato fosse cum tempore, tutti convinti che un terrorista tedesco fosse puntuale.

Altri tempi. La Germania non è più quella di una volta, solo i tedeschi non vogliono capirlo. Domenica sera, al talk-show di Anne Will, il più seguito, Jens Spahn, ministro della Sanità, ancora per pochi giorni, ha chiesto scusa per aver reagito alla pandemia con ritardo. Non dovrebbe andar meglio in futuro. La leader dei Verdi, e futuro ministro degli Esteri, Annalena Baebock, dichiara che si dovranno prendere nuove misure per la Covid, “ma tra qualche giorno, quando ci saremo fatta un’idea più chiara sui contagi”. I dati sono drammatici in Germania da almeno tre settimane. “Evidentemente non ha le idee chiare”, commenta il settimanale Focus. Forse Annalena non si preoccupa di essere puntuale.

Secondo un antico proverbio, “Es ist fünf vor zwölf”, cioè mancano cinque minuti alle 12, come dire al disastro immanente. I tedeschi erano sempre pronti al peggio. Oggi, neanche la catastrofe sarà puntuale. I tedeschi non sono più puntuali, e neanche pessimisti come i padri. Chissà, potrebbe essere un buon segno.

Il “Tagesschau” del… ritardo

© Youtube Tagesschau

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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