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I tedeschi amano l’upupa

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L'upupa
L'upupa
L'upupa

L’upupa

Il Wiedehopf, l’upupa, è il Vogel des Jahres per il 2022, uccello dell’anno in Germania. I tedeschi non conoscono “I sepolcri” di Ugo Foscolo, a parte pochi italianisti, a cui l’innocente e bella upupa deve la sua cattiva fama. A scuola fui costretto a imparare a memoria, come tutti i ragazzi della mia generazione, poesie che ci lasciavano indifferenti, come l’ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo e i macabri sepolcri, che oggi verrebbero definiti gotici: “…e uscire del teschio ove fuggia la Luna/l’upupa, e svolazzar su per le croci/ sparse per la funerea campagna”. Come si fa ad amare un uccello che frequenta i cimiteri? Io preferivo “Il Corvo” di Edgar Allan Poe.

Il balestruccio

Il balestruccio

Il nome Wiedehopf ricorda l’abitudine dell’upupa di andare saltellando, hupfem, per i campi becchettando con il lungo becco vermi, insetti, anche lucertole. Il Naturschutzbund (Nabu), l’associazione per la difesa della natura, l’ha preferita alla Mehlschwalbe, che sarebbe in italiano il balestruccio, un tipo di rondine. In tutto sono arrivati 142.798 voti, il 31,9 ha preferito l’upupa contro il 24,4, della rivale. Al terzo posto si è classificato il Bluthänfling, il fanello. Queste sono le traduzioni che trovo, è probabile che in ogni regione da noi abbiano nomi più popolari. La “Nabu” elegge l’uccello dell’anno da mezzo secolo, dal 1971, una tradizione riportata da tutti i giornali. Per il ‘21, era stato scelto il pettirosso, per il 2020 la tortora.

Quando studiammo “I sepolcri” in classe, nessuno dei miei compagni aveva mai visto un’upupa. Un brutto uccello, spiegò la professoressa, che l’ignorava a sua volta. Io alzai la mano e intervenni: l’upupa è bellissima. Mi guardarono tutti male, il solito che vuol dire la sua controcorrente, e dai gusti sospetti.

In estate, in vacanza a Lampedusa, che allora pochi sapevano dove si trovasse, avevo scoperto un’upupa nei campi, ferita ad un’ala da un cacciatore che sparava a ogni volatile. Cercai di curarla, era impossibile, e morì. Ha piume di un marrone chiaro, e bianche nere, una cresta elegante, e un becco sottile, lungo e ricurvo. Ed è da sempre un uccello letterario, giunto in Europa dall’Africa e dall’Asia.

Il fanello

Il fanello

Aristofane nella commedia “Gli uccelli”, andata perduta, lo sceglie come il re dei volatili, mentre gli altri uccelli fanno da coro. In Egitto e in Persia era sacro, ed era proibito ucciderlo, divieto che ignorava il cacciatore lampedusano. Nel Corano è l’upupa a portare a Salomone notizie sulla regina di Saba. Gli ebrei lo rispettano, ma non lo considerano “kosher”. Pur avendo un’apertura alare che sfiora il mezzo metro e un’altezza di trenta centimetri, arriva a pesare appena 60 grammi.

Ugo Foscolo ha scelto l’upupa probabilmente per il nome, onomatopeico per il suo canto che suona come un uhu uhu pu. Uccello notturno di malaugurio, una licenza poetica, o una fake news. Montale prende le difese del Wiedehopf amato dai tedeschi contro le calunnie del poeta di Giacinto: “l’allegro uccello solare”, scrive. Ed ha ragione l’upupa ama il Sole e non vola di notte, anzi vola poco, se ne va passeggiando per i campi. Non ha un bel canto, è pigro, non fa il nido, depone le uova in una buca o in una crepa nel muro. In Germania gli hanno perfino dedicato un francobollo nel 1963. È l’unico uccello politically correct: in cui il piumaggio è uguale tra maschi e femmine. Di solito sono i maschi ad avere piume variopinte, come nelle anatre o le galline, le femmine sono meno appariscenti. E il maschio si occupa della prole come la compagna. Ma i votanti della “Nabu” l’hanno scelto solo perché è bello.

A causa degli anticrittogamici che fanno strage di insetti, rischia l’estinzione. In Germania ne sopravvivono cinquecento coppie, in Svizzera poco più di duecento. In Italia non si sa, l’upupa non interessa, presumo sempre per colpa di Foscolo. Ma dovrebbero essere più numerose perché preferiscono le zone calde. Quest’estate mia figlia mi ha inviato la foto di un uccello ignoto scoperto a Roma nel parco sotto casa. È un’upupa, le ho risposto. Anche mia figlia ha studiato Foscolo al classico, ma non ha dovuto imparare i Sepolcri a memoria. Un buon segno che il Wiedehopf osi saltellare nel centro di Roma.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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