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Berlino, una ventinovenne mai del tutto sbocciata alla vita

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Berlino © il Deutsch-Italia
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Bundestag 51 © il Deutsch-Italia

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Oggi Berlino capitale compie 29 anni. Un periodo breve? Berlin Hauptstadt del III Reich durò neanche la metà, appena dodici anni dal 1933 al 1945, e bastarono a cambiare il nostro mondo per sempre. E per neanche quindici anni sopravvisse la splendida e misera Repubblica di Weimar.

In quest’ultimo quarto di secolo, è scomparsa la Berlino in cui era ancora visibile la cicatrice del Muro, la Berliner Republik, come amano dire qui, ha cambiato la Germania, e allo stesso tempo è cambiata l’Europa. Fu una decisione combattuta. Il 20 giugno del 1991 il Parlamento disse sì all’immane trasloco per 18 voti, 338 a 320. Berlino non è mai stata amata nemmeno in Patria, da quando la Prussia di Bismarck unificò i vari stati tedeschi, grazie alla guerra vinta sulla Francia di Napoleone III.

Bundesarchiv-Reineke-Engelbert-©-CC-BY-SA-3.0-de

Bundesarchiv-Reineke-Engelbert-©-CC-BY-SA-3.0-de

Dopo la sconfitta dell’ultima guerra, la Germania fu divisa in due, e di fatto occupata per quasi mezzo secolo. Berlino Est divenne la capitale della Ddr, Berlino Ovest rimase sotto il controllo alleato, tanto che i suoi abitanti neppure votavano alle elezioni nazionali, ed erano dispensati dal servizio militare. Bonn doveva rimanere un che di provvisorio, e fu scelta da Adenauer perché lui abitava a Rhöndorf, sull’altra riva del Reno. Una tranquilla cittadina universitaria, centomila abitanti, dove studiò il nostro Pirandello, e anche l’ultimo Kaiser Guglielmo II. Una cittadina che non incuteva timore.

Gli stranieri vivevano in un ghetto dorato, i diplomatici confinati a Bad Godesberg, a pochi chilometri. I giornalisti, stranieri e indigeni, tutti in uno stesso palazzo, circondato da prati su cui fino ai primi anni Sessanta pascolavano le pecore. La vita politica di quella che comunque era una nazione leader, almeno economicamente, si svolgeva in un’atmosfera di paese. Alla sera ci si ritrovava, giornalisti e politici, in due birrerie a scambiarsi pettegolezzi e a tramare. I miei colleghi ci andavano per carpire uno scoop. Un pretesto per scolarsi qualche boccale di birra. Io non ci andai mai, e mai mi persi una notizia. Quando ci vivevo, ne sottovalutai i vantaggi: Parigi era a poco più di quattro ore d’auto, Bruxelles a 90 minuti, un’ora e un quarto da Francoforte, 20 minuti da Colonia. Un’enorme regione con musei, gallerie, teatri d’opera. Da Berlino, per muovermi devo sempre prendere l’aereo.

Bundesarchiv 1961 © CC BY-SA 3.0 de

Bundesarchiv 1961 © CC BY-SA 3.0 de

Dopo la riunificazione (1990) si pose la domanda: tornare a Berlino? Era stato il refrain per quattro decenni, intonato da tutti perché nessuno ci credeva. Ora, che fare? Mi intervistò il Bonner Anzeiger, giornale di provincia che per decenni era stato uno dei più seguiti d’Europa. Da che parte stavo? Per una soluzione all’americana: Berlino come New York, e Bonn capitale come Washington. Ne sono convinto ancor oggi. Si sperava che la metropoli divisa rifiorisse grazie ai ministeri, ma almeno da queste parti la politica non porta soldi. Non abbastanza. Berlino è sempre la capitale più povera d’Europa, ma il suo fascino attrae i giovani del continente, come la Parigi degli anni Venti. Sarebbe avvenuto anche con il mio compromesso.

In quel giugno lontano, avevo in tasca ancora il Deutsche Mark, il marco tedesco. Bush padre aveva appena vinto la sua guerra contro Saddam, e saggiamente lo aveva lasciato al suo posto, la Lira boccheggiava. In Germania, i partiti erano 4, anzi 4 e mezzo contando la Csu bavarese, sempre un altro partito rispetto alla Cdu. I Verdi erano entrati in parlamento appena dal 1983. Oggi i partiti sono quasi il doppio: abbiamo la Linke all’estrema sinistra, e i populisti della AfD. Bonn è tornata il paesone dove Pirandello conobbe l’amore, sono scomparse le boutiques di lusso per diplomatici, ma non è morta come si temeva. Sono soddisfatto di vivere da Berliner, da berlinese, ma ogni tanto sento nostalgia per la mia scrivania con le finestra sul Reno. Non l’avrei mai previsto. Forse ne ha nostalgia anche l’Europa.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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