Un famoso storico, noto omosessuale, viaggia in incognito per un Paese straniero, e viene assassinato da un compagno occasionale nella camera d’un albergo, perché incautamente gli ha mostrato la notevole somma che porta con sé. Il presunto assassino, né giovane, né bello, non ruba nulla, subito scoperto, viene processato in fretta e condannato a morte. Una trama con temi alla moda buona per un bel giallo televisivo, con risvolti sociali.
Il “fattaccio”, come si usava scrivere in cronaca, accadde a Trieste 252 anni fa, l’8 giugno del 1768, Johann Joachim Winckelmann, l’inventore del classicismo, il più stimato storico e esperto d’arte antica del suo tempo, fu pugnalato nella camera numero 10 alla Locanda Grande, uno dei migliori alberghi di allora. Ospitò anche l’ammiraglio Nelson, Casanova e Carlo Goldoni. Oggi è diventato l’hotel Duchi d’Aosta.
Un cameriere allarmato per le grida, accorre e sorprende un cliente ancora con il pugnale in mano chino sul corpo del suo compagno di viaggio, il signor Giovanni. L’assassino fugge. Il ferito sopravvive qualche ora, si rifiuta di rivelare il vero nome, benché chieda di fare testamento. Nella valigia si trova il passaporto, e una copia del suo capolavoro Geschichte der Kunst der Altertums, “Storia dell’Arte antica”. «La morte di Winckelmman mi colpì come un fulmine a ciel sereno», dirà Goethe, suo grande estimatore che al momento del “fattaccio” aveva 19 anni. E due secoli e mezzo dopo i giornali tedeschi gli dedicano ancora intere pagine.
Fu Winckelmann a scoprire l’Italia, Goethe compì il viaggio fino in Sicilia sedotto dai suoi libri. L’autore del “Viaggio in Italia”, a suo modo, fu il primo turista tedesco, oggi arrivano in milioni ogni anno, attratti dal sole e dal buon cibo, ma non pochi cercano l’Arcadia di Winckelmann e di Goethe. E se nella mia Berlino vado a passeggio tra statue bianche neoclassiche è sempre colpa loro.
Il signor Giovanni era giunto a Trieste sette giorni prima con il compagno Francesco Arcangeli, un cuoco di Pistoia. «Un delitto passionale, una faccenda di omosessuali», sentenziò il giudice. Ma nulla è chiaro per i detective della storia che sui quotidiani cercano ancora la verità. Winckelmann, figlio di un calzolaio, era nato nel 1717 a Stendhal, la cittadina da cui Heny Beyle, l’autore della “Certosa di Parma”, prese il nome d’arte. A cinquant’anni era un uomo di successo, curatore dei tesori d’arte del Vaticano. A Roma viveva circondato da amici illustri e potenti, e non aveva difficoltà a trovare ragazzi belli e disponibili. L’omosessualità era accettata, e coltivata. Ma inevitabilmente Wilckelmann suscitava gelosie, e alcuni lo detestavano.
Perché si trovò un compagno come Arcangeli, a 37 anni non più giovanissimo, il volto butterato dal vaiolo, niente affatto simile all’Apollo del Belvedere, un marmo che lo mandava in estasi? A Trieste fu vittima di un complotto ordito dai gesuiti? Si chiedeva Dominique Fernandez nel saggio Il signor Giovanni del 1964. Winckelmann come Pasolini?
E come Pasolini cercò forse il suo assassino? La Grecia classica è un’invenzione di noi europei, di Foscolo, Byron, e soprattutto dei tedeschi, che mai la videro. Goethe e Schinkel giunsero fino alla mia Sicilia. Winckelmann si accontentava delle statue che custodiva a Roma. Continuava a sognare di andare nella sua Ellade, ma rimandava il viaggio, sempre per futili motivi. Andò a Trieste per trovare un passaggio su un veliero per Atene. E quando lo trovò, fu ucciso. Forse temeva di scoprire che la Grecia era diversa dai suoi sogni, avrebbe potuto diagnosticare il professor Freud che giunse a Trieste un secolo dopo, nel 1876 per studiare il cervello delle anguille. Arcangeli, catturato una settimana dopo, non seppe mai spiegare il motivo del delitto. Fu giustiziato il 20 giugno. Una camera al Duchi d’Aosta costa almeno 200 euro. Il signor Giovanni alla Locanda Grande, pagava sei lire, pensione completa.
.
Winckelmann in Sassonia-Anhalt
© Youtube Kunstmuseum Moritzburg Halle
Per gentile concessione di Italia Oggi
Commenti