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Un muro tra Germania e Danimarca

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Palatschinken ©-CC-BY-SA Karl Gruber WC

Palatschinken ©-CC-BY-SA Karl Gruber WC

La storia d’Europa è fatta da un intrico di piccole storie. Stiamo insieme, ma non siamo uguali, come pretende l’ossessione degli eurocrati di Bruxelles che vorrebbero stabilire il diametro ideale di una pizza da Helsinki a Caltagirone. Perché, ad esempio, nell’Holstein, la piccola provincia sul Baltico, potete gustare le “palatschinken”, le frittatine dolci tipiche dei Balcani? Una domanda senza importanza, invece ci riguarda da vicino. Nel 1864, la Prussia dichiarò guerra al piccolo vicino del Nord, e chiese l’aiuto di Vienna che inviò 21mila soldati. Il mondo parteggiò per i pacifici danesi contro i guerrafondai prussiani, ma non ci fu partita, come si dice. La Danimarca perse le due province sulla costa meridionale del Baltico, lo Schleswig e l’Holstein, e quest’ultimo fu “regalato” all’Austria. Ma l’Impero Austro-Ungarico non seppe che farsene e lo restituì due anni dopo a Berlino, in cambio chiese al re di Prussia aiuto contro i patrioti italiani nelle guerre del Risorgimento. Il sovrano disse di no: nessun mio soldato morirà per la Lombardia.

Ma nei nostri libri di scuola non viene ricordato. Peccato. Dopo oltre 150 anni, sono rimaste le “palatschinken”, tanto per smentire quanti sostengono che le frontiere non esistono e andrebbero cancellate. Resistono nei secoli, e possono diventare un punto d’incontro, non di conflitto. Sulla penisola dello Jutland, il confine è stato definitivamente regolato con un referendum popolare tra tedeschi e danesi cento anni fa, dopo la Grande Guerra. Una conquista democratica.

Nonostante il passato recente, l’occupazione nazista dal 1940 al 1945, i rapporti tra Danimarca e la Germania, sono ottimi e pacifici. Tutti parlano la lingua del vicino, e si passa da una parte e dall’altra senza problemi, prima ancora di Schengen. Ma oggi si rischia la crisi a causa dei cinghiali. Trent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino, è stato eretto un nuovo muro, per settanta chilometri, dal Mare del Nord al Baltico. Una barriera metallica alta 120 centimetri, dipinta di verde, come concessione estetica alla natura. Una barriera voluta da Copenhagen per proteggersi dall’invasione dei cinghiali tedeschi portatori di peste: una difesa per salvare l’agricoltura danese.

Nella zona di confine, a Apenrade, in Danimarca, i cinghiali tedeschi metterebbero a rischio 1.500 posti di lavoro, e 35mila in tutta la regione. Il fatturato delle fattorie ammonta a oltre nove miliardi di corone, circa un miliardo e 200milioni di euro, per l’80 per cento grazie all’export. E i primi clienti sono i consumatori tedeschi di salsicce e speck affumicato danese.

La peste suina proviene dall’Europa dell’Est e minaccia la Germania, che non ha preso le misure necessarie in tempo. Nei giorni di Natale, è stato scoperto il cadavere di un cinghiale in Polonia, a 21 chilometri dal confine tedesco. Ed ora, anche nel Brandeburgo, la regione che circonda Berlino, si comincia a costruire una rete di protezione per bloccare i cinghiali orientali. Troppo tardi secondo per i danesi.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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