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Riapre la storica biblioteca di Berlino

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La Staatsbibliotek a Berlino © il Deutsch-Italia
La Staatsbibliotek a Berlino © il Deutsch-Italia
La "Stabi" © il Deutsch-Italia

La “Stabi” © il Deutsch-Italia

Di questi tempi, gli angeli si annoiano. Nel film di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”, i due angeli, Damiel e Cassiel, cioè Bruno Ganz e Otto Sander, vanno alla “Stabi”, nomignolo affettuoso per la Staatsbliothek, ad ascoltare i pensieri degli esseri umani intenti alla lettura, come il brusio di un alveare. Il film è del 1987, due anni prima dell’inaspettata caduta del “Muro”. Il regime comunista non permise al regista di girare anche nel settore orientale. Temeva che alcune scene fossero un’allusione politica: Peter Falk, anche lui un angelo, passava da una parte all’altra del “Muro”. Anche i critici americani non capirono: gli europei sono pazzi, credono che il tenente Colombo sia un angelo.

La Staatsbibliotek a Berlino © il Deutsch-Italia

La Staatsbibliotek a Berlino © il Deutsch-Italia

Oggi, la biblioteca si ritrova all’ombra dei mini-grattacieli eretti da Renzo Piano, deserta e silenziosa a causa del Covid. Dall’altra parte, è stata riaperta questa settimana la “Bibliothek Unter den Linden”, l’altra storica biblioteca della metropoli, che risale al 1661, dopo il lungo restauro iniziato nel 2005, l’anno in cui Angela Merkel, cresciuta nella DDR, divenne Cancelliera. Wolfang Schäuble, il presidente del Bundestag, ha pronunciato il discorso inaugurale: «Per Borges il paradiso è una biblioteca, da oggi il paradiso in terra si trova nel cuore di Berlino, sulla Unter den Linden». Umberto Eco volle parafrasare Borges: «Per me, se Dio esiste è una biblioteca». Un paradiso aperto e subito richiuso in attesa che finisca l’emergenza per il Covid.

Il restauro, riuscito alla perfezione da quel che vedo alla Tv, è costato 470milioni di euro. Prevedo il commento: perché non riaprire le biblioteche, come i musei? Tanto ci vanno in pochi, non ci sarebbe un gran pericolo. Ma a Berlino erano affollati, e non solo da studenti. Gli angeli avranno ascoltato i pensieri di Fernanda, mia moglie, che lì è di casa per le sue ricerche. Non sono geloso, mi affido a lei per ottenere i libri che mi servono, anche testi in italiano, pubblicati oltre un secolo fa a Palermo. «Una biblioteca è la memoria di un Paese», ha detto a sua volta, Monika Grütters, ministro della Cultura. Nelle biblioteche di Berlino, si ritrova la memoria d’Europa. La “Bibliothek Unter den Linden”, oltre 18mila metri quadrati, vasta quasi come due campi di calcio, conserva 25milioni di libri e documenti, tra cui la partitura originale della “Nona” di Beethoven e del “Flauto magico” di Mozart.

Hans-Scharoun-©-Bundesarkiv-B-183-E0324-0047-004-©-CC-BY-SA-3.0

Hans Scharoun © Bundesarkiv B-183-E0324-0047-004 © CC-BY-SA-3.0

La “Stabi” fu costruita da Hans Scharoun nel 1964, La vecchia Staatsbibliothek era stata inaugurata dal Kaiser nel 1914, l’anno della Grande Guerra. “Wissen ist Macht”, il sapere è potere, è il titolo della “Berliner Zeitung”, che annuncia la riapertura della “Unter den Linden”, che fu gravemente danneggiata dalle bombe. Negli Anni Sessanta, anche il regime della DDR investì nella ricostruzione, alla sua maniera, e con pochi mezzi. I grandi lampadari vennero venduti invece di restaurarli e di rimetterli al loro posto.

Le biblioteche, ha aggiunto Schäuble, sono vitali per la democrazia, oggi in pericolo anche per lo strapotere di Facebook, di Google, o Youtube. Si censura il pensiero, ed è inaccettabile, si mette a tacere oggi Donald Trump che non ti piace, domani tocca a te: «Nell’éra digitale abbiamo bisogno di neutrali e affidabili istituzioni». L’archiviazione elettronica di un testo evita il rischio della distruzione, per una bomba o un incendio. Ma basta un clic per cambiare l’originale, per censurarlo in nome di un malinteso politically correct. Con la carta non è possibile, resta sempre una traccia della manipolazione.

Orwell, 1984

La Treccani ha appena respinto con sdegno la richiesta di una giornalista dell’agenzia “Reuters” che chiedeva di cancellare l’espressione “lavora come un negro” o “lavorare in nero”, secondo lei razziste. Una lingua è testimonianza di un tempo, e non può cambiare per decreto, o per volere di un regime, come si prevede in “1984”, il romanzo di Orwell pubblicato nel 1949. Quando lo lessi a 13 anni, pensai che fosse fantascienza. Non credo che Damiel e Cassiel, gli angeli di Peter Handke (è sua la sceneggiatura del film, una ventina di pagine), oggi frequentino il social sul web. Già queste parole li farebbero inorridire.

 

 

© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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