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La terza defenestrazione di Praga di Matthäus Merian il vecchio
Come italiano da anni in Germania mi trovo a fare da tramite tra noi e loro, un ruolo a cui rinuncerei volentieri. L’ambasciatore non porterà pena, come pretende un proverbio un po’ vecchiotto, ma sono poco amati. E poi, per la verità storica, in passato finirono scaraventati fuori dalla finestra (a Praga) o impalati in Oriente. Anche gli ambasciatori, quelli veri, nel fare rapporto in Patria devono stare attenti a scrivere quel che il loro premier del momento si attende di leggere. Se scrivono una verità sgradita, rischiano la carriera.
Nei primi tempi, lontani, come corrispondente ad Amburgo, il mio ufficio era presso la sede di una grande casa editrice. Ero l’unico referente per cinquemila dipendenti, e venivo usato come go between, cioè messaggero d’amore. Segretarie e impiegate, e qualche giovane giornalista, di ritorno dalle vacanze nella Bella Italia, mi facevano tradurre le lettere grondanti aggettivi e menzogne dei loro momentanei spasimanti italiani. E dovevo tradurre le risposte. Nessuna ascoltava i miei consigli di prudenza. Probabilmente pensavano che fossi geloso, invidioso.
Autostrade italiane © il Deutsch-Italia
Ora mi trovo nel ruolo di Ombudsmann, cioè alla lontana di difensore civico, meglio come destinato a sentire le lagnanze dei miei amici berlinesi di ritorno dall’Italia. La amano e la vorrebbero perfetta, cosa che non è. La amano anche per i difetti, il caos, il chiasso, il rispetto delle regole, purché non si esageri. In sintesi un Paese più umano, meno rigido della loro Germania. Non hanno sempre ragione, non siamo una colonia. Quand’ero a Bonn, la mia sede era alla Pressehaus, lavoravo insieme a centinaia di giornalisti di ogni Paese. Nel luglio del 1988, il ministro Ferri osò porre il limite di velocità a 110 all’ora sulle autostrade. I colleghi tedeschi vennero a protestare da me: Come osate? Senza avvertirci. Come se fosse colpa mia. In Italia andare oltre al limite faceva da sempre parte delle vacanze. Risposi che Ferri aveva il diritto di legiferare senza chiedere il permesso, e aggiunsi: “Non vi preoccupate, tanto le multe non arriveranno mai a Bonn”. Mi guardarono male, non dimostravo solidarietà.
Ora le multe arrivano. Una mia amica, appena finita il lockdown si è precipitata in auto a Firenze. A godersi il sole della Toskana, con il kappa, e fare shopping, che da sempre è un altro elemento delle vacanze a casa nostra. A Berlino le sono arrivate due multe, sugli 80 euro, perché ha violato la zona Ztl. “Ed è svanito il mio risparmio”, si è arrabbiata. I negozi fiorentini le hanno fatto un grande sconto, e la roba è bella, ma le multe? Lei giura di non aver visto nessun cartello. E alla sua pensione nessuno l’ha messa in guardia. È una prussiana come la immaginiamo, rispettosa delle regole, dubito che non avrebbe rispettato un cartello di divieto di transito.In alcune strade, a Roma, i divieti sono incomprensibili, e variano di giorno in giorno, di ora in ora. Non siamo una colonia. E neppure un mercato, ma lo shopping dei turisti aiuta il nostro Pil.
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L’entrata della Galleria Colonna a Roma © il Deutsch-Italia
Un amico, invece, in questi giorni si trova a Roma, che conosce bene, perfino meglio di me. Mi ha telefonato e mi ha scritto una mail, sorpreso e deluso. È andato venerdì alla Galleria Colonna, aperta lodevolmente ad agosto, solo per due giorni, il venerdì e sabato. Avrebbe dovuto prenotare, l’ha avvertito la ragazza all’ingresso. Ma sono solo, ha osservato lui. Con 35 all’ombra non sono molti quelli che girano per musei e a pagare il prezzo, il venerdì 30 euro con la guida, e 25 libera il giorno dopo. Il mio amico ha protestato, la giovane era ragionevole: la guido io, ma ha telefonato in direzione. E le hanno detto di no. La visita con guida è prevista per almeno due visitatori. Il berlinese non era disposto a pagare il doppio. E anche 30 euro gli sembrano troppi. Se ne pagano 18 ai Musei vaticani, mi ha informato, 12 alla Galleria Doria Pamphilij, 20 agli Uffizi, e 14 alla Gemälde Galerie nella sua Berlino. La Galleria Colonna è un museo privato, valgono altre regole, ma un tedesco o un giapponese non lo sa, e se lo sapesse non gli importerebbe.
Caffè Greco a Roma © il Deutsch-Italia
Il mio amico voleva consolarsi con un aperitivo, non importa il prezzo, al “Caffè Greco”, che per lui è una sorta di museo. Lo frequentava Goethe, e Ludwig il re di Baviera, che amava le nostre opere d’arte e le belle italiane. Ma l’ha trovato chiuso, sulla saracinesca nessuna spiegazione. Eppure, ha protestato con me, su google risultava aperto. Problemi con il personale, suppongo, ma c’è un solo addetto all’apertura? Della spazzatura e delle buche, l’amico non si è lamentato. Lo sapeva già.
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