È un problema lo spelling per chi vive all’estero. Non mi piace usare parole straniere, non sopporto chi dice posizionare, preso dall’americano, invece di usare una della dozzina di varianti italiane, tipo mettere, porre, disporre, e così via. Una battaglia perduta, anche i tedeschi ormai dicono posizionieren, ma per spelling dovrei scrivere alfabetico fonetico, e pochi capirebbero. In tedesco diventa buchstabieren, e non sapevo che quando lettera per lettera al telefono cerco di dettare come mi chiamo, seguo in parte un sistema nazista.
Roberto è facile, come Robert, ma il cognome è ostico. I sudditi, ancora per poco, di Frau Angela, non riescono a capire il “Gia”, che pronunciano come “Gh”, e sbagliano quasi sempre a scrivere il nome di Verdi, perfino qualche volta nei programmi all’Opera: diventa “Guiseppe”. Quindi devo spiegare: “g”, come Gustav, “i” come Ida, “a” come Anton, “r” come Richard, “d” come Dora, ancora Ida, “n” come Nordpol. Ecco alla enne entra in gioco il III Reich. Durante la Repubblica di Weimar, si diceva Nathan che venne cancellato perché è un nome ebreo. Meglio Polo Nord, che Hitler sognava di conquistare.
Ma anche l’attuale tabella del buchstabieren, non è politicamente corretta, si è scoperto. I vari nomi usati come Heinrich, Ludwig, Martha, Friedrich, Ulrich, Wilhelm, Paula sono tutti teutonici. Xantippe per la “x”, è troppo europeo, e anche antifemminista. Santippe era un incubo per i mariti. A ottobre verrà presentato un nuovo alfabeto fonetico multikulti, multirazziale, politicamente corretto.
Al posto della mia “a” dovrò dire Alì? Ida diventerà Ibrahim? Per me, dopo decenni vissuti in esilio, sarà difficile cambiare abitudini. Quando mi trovo in Italia, mi sorprendo impreparato, ho dimenticato che la “a” diventa Ancona, la “d” Domodossola, la “i” Imola, la enne non è più nazista, ma partenopea, Napoli.
Non capisco perché l’Europa unita non abbia unito anche l’alfabeto. Quando ero inviato, era un problema prenotare un albergo (prima di Internet). Va bene, ci si può rifugiare nell’inglese, che nello spelling dimentica i nomi di battesimo, alpha per “a”, delta per “d”, India per “i”, November per “n”. Nessun problema razziale. Ma i francesi sono sciovinisti e si rifiutavano di capirmi.
E non sono neanche d’accordo tra loro, con il francese dei belgi, o degli svizzeri e dei canadesi. Dunque Gérard per “g” al Quartiere Latino, Gustave in Belgio e a Zurigo, ma George a Montréal. Isabelle per i a Parigi, Isidore a Bruxelles, si torna a Ida nella Svizzera tedesca. Per la r i cugini francesi dicono Raoul, poi ovunque diventa Robert. A Parigi usano Nicole per “n”, i belgi per far loro dispetto dicono Napoléon, che perse a Waterloo, alla periferia di Bruxelles, gli elvetici preferiscono Nicolas.
A Berlino, quando prenoto un tavolo al ristorante, o un taxi, per non perdere tempo, preferisco usare il cognome di Fernanda, mia moglie, che si chiama come un famoso giocatore di calcio, non suo parente, conosciuto ovunque, facile da pronunciare anche per i prussiani. Non ho scampo, il mio espediente non è razzista, ma sessista, mi spiegano, sarei un maschilista perché sfrutterei il nome di una signora, anche se a Frau Fernanda non importa.
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