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La sinistra e l’islamismo in Germania

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© il deutsch-italia
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Kevin Kühnert © CC BY-SA 4.0 Raimond Spekking WC

Kevin Kühnert © CC BY-SA 4.0 Raimond Spekking WC

«Sull’Islam in Germania siamo ciechi dall’occhio sinistro», denuncia Kevin Kühnert, il capo degli Jusos, i giovani socialdemocratici fino ai 35 anni. «Se continuiamo a non reagire, a non comprendere il pericolo, lasciamo il problema in mano all’estrema destra», mette in guardia Robert Habeck, il leader dei Verdi. Quanto avviene in Francia in questi giorni ha convinto la sinistra tedesca a reagire. Finora, per una malintesa tolleranza, si sono evitati controlli sui profughi musulmani. E si continua a tener nascosta l’etnia di chi compie aggressioni, o reati comuni. Il ministro degli Interni, il cristianosociale Horst Seehofer, dichiara: «Un attentato è possibile anche da noi». Non è possibile garantire una totale sicurezza in Germania. I soggetti considerati altamente pericolosi, in grado di compiere un attentato sono 620, impossibile giungere a una rapida espulsione, le procedure durano anni.

Sonnenallee © il Deutsch-Italia

Sonnenallee © il Deutsch-Italia

Sabato scorso lungo la Sonnenallee, la lunga strada nel cuore di Berlino, un giovane siriano con la classica jellabah bianca ha trascinato un uomo con la maschera di Macron, il presidente francese, con le mani legate. L’ha preso teatralmente a cinghiate dileggiandolo. E la recita è andata avanti a lungo senza che la polizia intervenisse.

La provocazione è stata organizzata da Fayez Kanfash, un siriano di 23 anni, un noto youtuber con quasi un milione di seguaci in rete. Solo ore dopo, in serata, è stato arrestato sull’Alexanderplatz in compagnia di tre amici, anche loro siriani. Fayez, nato a Damasco, è fuggito in Germania quattro anni fa, non ha compiuto reati, non ci sono prove che abbia contatti con estremisti islamici. È stata aperta un’istruttoria, ed è tornato subito libero.

«Ho voluto aprire gli occhi all’Occidente, ha spiegato, la libertà di pensiero deve avere un limite. Ma il mio obiettivo non è di provocare una reazione violenta. Se voi offendete il nostro profeta, dovete accettare che noi si prenda in giro un vostro capo politico». Il grave è che ci siano politici e intellettuali pronti a criticare la satira di Charlie Hebdo, e a relativizzare gli omicidi compiuti a Nizza e a Vienna.

Il video di Fayez non è stato comunque ben accolto dalla comunità musulmana. Ma subito dopo l’uccisione del professore Samuel Paty, nella Capitale gli immigrati arabi hanno manifestato contro la Francia, e non hanno preso le distanze dai terroristi.

Una scuola berlinese © il Deutsch-Italia

Una scuola berlinese © il Deutsch-Italia

Nelle scuole di Berlino, i professori temono di commentare l’uccisione di Paty. Un professore ha riferito a Hendrick Nitsch, il preside del ginnasio Gustav-Feytag, che nella sua classe uno studente musulmano ha disturbato il minuto di silenzio dichiarando: “Ha avuto quel che si meritava, ha offeso il profeta.” Altri quattro docenti si sono dovuti confrontare con il dissenso di allievi arabi. È un problema diffuso nelle scuole di Berlino, ha riferito Nitsch al “Tagesspiegel”: «Abbiamo parlato con questi giovani, ma non è servito a nulla». Probabilmente sono fan dei video di Fayez, un idolo dei giovani. Un altro insegnante in un ginnasio berlinese riferisce: «Un mio allievo mi ha detto che uccidere qualcuno non è poi così grave. Molti ragazzi la pensano come lui». Karina Jenichen, direttrice di una scuola con una forte percentuale di allievi stranieri conferma: «Queste idee sono diffuse ed è impossibile sradicarle».

Una sua collega confessa: «Adesso ho paura». «Una certa paura l’abbiamo tutti», conferma Lea Hagen, direttrice di un ginnasio a Kreuzberg, il quartiere di Berlino con la più alta percentuale di musulmani. Il professor Nitsch non ha voluto rinunciare al minuto di silenzio per Paty, né ha consigliato ai suoi docenti di evitare dibattiti sulla libertà di pensiero in classe: «La resistenza degli studenti mi ha sorpreso».

Frau Hagen, che fa parte del direttivo dell’associazione dei docenti berlinesi, aggiunge: «I politici del Senato cittadino, hanno trascurato a lungo il problema. Semplicemente non si è voluto vedere». Per anni i ragazzi ebrei, in forte minoranza in confronto ai coetanei musulmani, vengono aggrediti quasi giornalmente, ricevono minacce di morte, ma le autorità preferiscono giudicarle normali risse tra adolescenti o, al massimo, parlare di mobbing religioso pur di non pronunciare la parola antisemitismo.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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