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La Grecia in mostra a Monaco di Baviera

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© Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek München, fotografiert von Renate Kühling
Ionisches Kapitell © Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek München, fotografiert von Renate Kühling
Plakat der Sonderausstellung © grafik brandner GmbH

Plakat der Sonderausstellung
© grafik brandner GmbH

Perché la bandiera greca è bianco-azzurra come quella della Baviera? Non è segno di ignoranza non conoscere la risposta. Alla domanda non sanno rispondere molti tedeschi, a parte ovviamente i bavaresi. A Roma, gli americani cercano il “Ben Hur Stadion”, il Circo Massimo, e sono sempre convinti che al Colosseo i cristiani fossero dati in pasto alle belve (non è vero, ma non importa). I tedeschi invece ti chiedono dove abitasse Goethe (in via del Corso), per loro l’Italia è sempre l’Arcadia. E la Grecia l’hanno inventata i loro poeti e gli archeologi, l’Ellade bianca e pura, anche se non c’erano mai stati.

A Monaco si è aperta alla Gliptoteca la mostra “Hellas in München- 200 Jahre bayerisch-griechische Freundschaft”, duecento anni di amicizia greco bavarese”, fino al 19 settembre. La Glyptothek si trova in Königspltaz al numero 3, fu costruita tra il 1816 e il 1830 dall’architetto Leo von Klenze, e assomiglia ovviamente a un tempio greco. La “Süddeutsche Zeitung” intitola l’articolo sulla mostra “Und Perikles trinkt Ouzo”, i tedeschi sanno essere autoironici, Pericle beve ouzo, come Zorba il greco.

L’antica Grecia non fu mai unita, se non culturalmente, e furono gli europei a battersi per renderla indipendente e sottrarla al dominio dell’Impero ottomano. Per lei si batté Ugo Foscolo, e Lord Byron perse la vita a 36 anni a Messolonghi. Ma dopo, nel 1830, non si seppe ben che fare. Leopold, lo zio della Regina Vittoria, secondo i pettegoli forse il padre, rifiutò saggiamente la corona e preferì divenire re dei Belgi, il primo sovrano eletto dal popolo.

Ludwig di Baviera © Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, fotografiert von Renate Kühling

Ludwig di Baviera © Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, fotografiert von Renate Kühling

Ludwig di Baviera, il re che amava l’Italia e le belle donne, e perse la corona per Lola Montez, brigò per suo figlio minore Otto e gli europei furono felici di accontentarlo. Nel 1832, Otto I sbarcò nel suo regno a 17 anni. I sudditi, finalmente liberi dai turchi, lo accolsero con entusiasmo. Un grande equivoco. Alla Corte di Otto non furono mai ammessi greci, anche l’esercito era formato in gran marte da mercenari tedeschi. I bavaresi vollero governare ispirati dai classici, ma i problemi erano pratici, e nel 1862 Otto fu rimandato a casa da una rivolta popolare. Lasciarono una costituzione, una fabbrica di birra, chiamata Hellas, una moderna struttura burocratica e una montagna di debiti. Il regno di Grecia era stato sovvenzionato da prestiti internazionali, anche di papà Ludwig preoccupato per il figlio. I debiti da saldare guastarono i rapporti per decenni, anche dopo la nascita del Reich di Bismarck, nel 1871.

Un rapporto, fino ad oggi, misto come sempre d’amore e odio. L’euro di Angela Merkel ha fatto soffrire i greci, ma quando la Grecia nel 2004 vinse gli Europei di calcio il trainer tedesco Otto Rehhagel fu chiamato Otto II. Oggi a Monaco si ammirano palazzi e monumenti classicheggianti. Alla mostra, tra statue e antichi vasi, è esposta anche la berretta da notte del giovane re Otto, in seta rossa ricamata con motivi orientali.

Glyptothek München © Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, fotografiert von Renate Kühling

Glyptothek München © Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, fotografiert von Renate Kühling

Quando Goethe, da Palermo giunse fino a Segesta, fu sorpreso e turbato dal tempio, che non era candido come aveva immaginato. La Grecia, la culla dell’Europa, era anche esotica e orientale. Il suo viaggio nel Mediterraneo si fermò in Sicilia, ma giungere fino all’isola fu un atto di coraggio. I viaggiatori nel “Grand Tour” osavano arrivare di solito fino a Napoli. Nel 1805, Karl Friedrich Schinkel, a 24 anni, visitò per tre mesi la Sicilia, e non vide mai la Grecia, a cui si ispirò per i suoi palazzi che si ammirano ancora a Berlino.

Nel Settecento, il padre del classicismo, Johann Joachim Winkelmann amava le statue greche e descriveva una Ellade, più sognata che reale. Nel 1768, a 51 anni, decise finalmente di realizzare il suo sogno, ma alla vigilia di salpare da Trieste per la Grecia, si fece uccidere in un albergo dal casuale compagno di una notte. Una fine che ricorda quella di Pasolini.

Otto e la moglie Amelie si ritirarono a vivere a Bamberg. E nel loro palazzo fino alla morte dell’ex sovrano (1867), per due ore ogni sera, dalle 18 alle 20, si doveva parlare in greco, e i 50 funzionari e dipendenti, indossavano abiti tipici greci, anzi ellenici. La nostra Europa è un intrico di equivoci, amori, illusioni.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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