Alla redazione de “la Stampa”, negli Anni Sessanta, ero al desk degli Esteri, e giungevo per ultimo alle venti. Trovavo sulla mia scrivania l’edizione di Stampa Sera, che usciva al pomeriggio. Un giorno, prima di mettermi al lavoro lessi un titolo in prima pagina: “Che sarà Torino nel Duemila?” sopra la foto di un plastico avveniristico. Sarà l’air terminal di Milano, commentai. I colleghi piemontesi non gradirono la mia battuta, e avevano ragione. Ero meridionale, come dire straniero, poco sabaudo e scettico. Oggi Torino è molto cambiata, e in meglio, ma è ben diversa da quel plastico. Questo per dire che i futurologi non ci azzeccano mai. E neanche gli urbanisti.
Nel film di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”, la Potsdamerplatz appare com’era quando si trovava a ridosso del “Muro”. Una distesa di sabbia in estate, di fango in inverno, dai confini vaghi. Dopo la riunificazione, fu affidato a Renzo Piano il progetto della ricostruzione. Lui tenne conto dei desideri dei committenti e progettò i suoi minigrattacieli. La Potsdamerplatz doveva diventare il cuore della Berlino unificata, ma oggi la metropoli di cuori ne ha sempre due, e sono altrove. La piazza ospita uffici e attira i turisti. Il genovese Piano non ha alcuna colpa, e osservò che i palazzi della piazza, il cuore della metropoli durante la Repubblica di Weimar, non furono rasi al suolo solo dalle bombe. Dopo, furono cancellati dagli urbanisti.
Nella Capitale si è tenuto un congresso sul tema “Berlin questions”, e le risposte degli addetti ai lavori non erano quelle che si attendeva il sindaco, il socialdemocratico Michael Müller che ha abbandonato la sala visibilmente contrariato. La professoressa di Harvard, Charlotte Malterre-Barthes aveva appena dichiarato che l’amministrazione avrebbe dovuto finirla con il concedere troppi permessi di costruzione, riferisce la “Süddeutsche Zeitung”. Come? Mancano gli alloggi, è stato indetto un (cervellotico) referendum per confiscare le case delle grandi imprese immobiliari, e non si deve più edificare?
I Verdi, che fanno parte della giunta di Müller, si preoccupano per il clima, denuncia la professoressa, e non si accorgono che ogni tonnellata di cemento provoca una quantità di CO2 pari a quella di 200mila palloncini riempiti di gas, e solo per rifare il castello dell’ultimo Kaiser sono stati necessari 200mila tonnellate di cemento. Quanto fa il totale di CO2? Bisogna costruire in maniera ragionevole. Berlino non deve continuare a crescere, diventare una megalopoli. Mancano gli appartamenti per i giovani, ma il prezzo medio per metro quadrato nei nuovi palazzi parte da 6mila euro.
In ogni strada di Berlino è aperto un cantiere, si buttano giù edifici fatiscenti, o giudicati tali dalla speculazione, e palazzi d’uffici che non trovano inquilini, per costruire nuove abitazioni, ad un prezzo elevato. “È il mercato finanziario che segue il dogma della crescita, buttando giù e ricostruendo”, denuncia Mistress Charlotte. Cioè la speculazione, che nessun partito a Berlino ha mai frenato. E l’SPD di Müller è al governo da vent’anni.
La collega tedesca Sabine Oberhuber ha citato l’economista Kenneth Boulding: “Chi crede a uno sviluppo continuo, senza fine, è un pazzo o un economista”. O un politico, si dovrebbe aggiungere. Invece di favorire lo sviluppo, si dovrebbe pensare a riciclare e conservare le risorse già esistenti. Si può mantenere il livello di benessere invece di inseguire il consumo. A Berlino ci sono migliaia di negozi vuoti, già prima del Covid, che non hanno alcuna chance di riaprire, eppure la burocrazia ostacola chi li vuole trasformare in abitazioni. Perché costa meno che radere al suolo e ricostruire. Alla conferenza, i partecipanti si sono divisi: gli architetti e gli urbanisti uomini erano per nuovi megaprogetti, le signore si battevano per la conservazione e uno sfruttamento ragionevole di quel che già esiste. Le donne sono più sagge o sempre contro il progresso? La Germania, secondo i programmi di tutti i partiti alla vigilia delle elezioni, entro il 2045 deve diventare Klimaneutral, si pensa solo alle auto e alle fabbriche. Ma l’edilizia è responsabile del 40 per cento delle emissioni di CO2.
.
.
© per gentile concessione di ItaliaOggi
Commenti