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I tedeschi amano sempre l’auto

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© il Deutsch-Italia
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L’auto a Berlino non serve, ma qualche volta la uso anche se abito in centro, e potrei raggiungere a piedi le mie mete abituali. Finché dura. I Verdi berlinesi vogliono trasformare la Capitale in autofree entro il 2030, riservata ai ciclisti e ai monopattini. Vedremo se riusciranno a andare al governo, e quali Verdi prevarranno nel partito che da sempre ha due anime. Nel Baden-Württemberg, dove sono al potere da otto anni, sono pragmatici e vanno d’accordo con la Daimler che assicura 300mila posti di lavoro.

Ho una utilitaria e negli ultimi tempi nella metropoli mi sento circondato da giganti. Un Suv davanti e uno di fianco, a volte anche alle mie spalle. Al volante arrivo appena all’altezza dei loro pneumatici. Un’impressione? Per una sensazione, non si ha sempre bisogno di una statistica.

Auto © il Deutsch-Italia

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I miei occhi nel traffico berlinese non mi hanno tradito. Gli Sport Utility Vehicle, cioè i Suv, sono in continuo aumento. I Verdi colpevolizzano gli automobilisti, ma i tedeschi continuano ad amare l’auto, e comprano vetture sempre più gigantesche, o sportive, per fortuna dell’industria automobilistica nazionale, che rimane il pilastro del “Made in Germany”. Nei primi sei mesi dell’anno, una vettura su quattro immatricolata è un Suv, per la precisione amata dai sociologi, il 23,8 per cento, 330.639 unità. Tutte le case automobilistiche presentano nuovi modelli, perfino la Porsche, il che mi sembra un paradosso, ma non sono un addetto ai lavori.

Un trend in continua crescita: nel 2016, le nuove immatricolazioni dei Suv furono il 12,7 per cento (425.807), nel 2017 il 15,2 (521.660), nel 2018 il 18,3 (630.005), nel 2019 il 21,1 (762.430), l’anno scorso in piena pandemia il 21,3 (680.827). Naturalmente, molti modelli sono elettrici, il che mette a posto la coscienza, anche se – a quanto leggo- presto ci sarà un grave problema con le vecchie batterie da smaltire, che sono molto inquinanti. Non conosco i dati per l’Italia. Le strade a Berlino sono larghe e diritte, i Suv hanno solo un problema con i parcheggi. Ma li vedo circolare anche per le stradine di Trastevere, e rimanere spesso incastrati in curva se si trovano innanzi a un’auto parcheggiata in divieto di sosta, una normalità a Roma.

In primavera a Berlino, e anche altrove in Germania, si rivedono in strada le “spyder”, sarebbe meglio dire “cabriolet”. Quando il tempo è cattivo, i tedeschi li tengono in garage grazie alle norme del Verkehrsamt, la motorizzazione. Sull’auto non si paga una tassa di possesso, come da noi, ma di uso. Con una targa posso guidare due o più vetture, ovviamente non allo stesso tempo. Basta smontare la targa con l’arrivo del bel tempo, e applicarla alla decapottabile, purché tenuta in garage. La tassa e l’assicurazione si pagano solo per i mesi in cui l’auto viene utilizzata. Una norma che favorisce le vendite.

L’industria automobilistica tedesca è uscita dalla pandemia con un occhio blu, scrivono le riviste specializzate in motori, cioè ne è uscita bene. Per una volta i tedeschi vedono il bicchiere mezzo pieno, e non mezzo vuoto, come d’abitudine. Le nuove immatricolazioni nel 2020 sono scese da 3,6 a 2,9milioni. Ora, tutte le “case” annunciano vendite record, a volte superiori al periodo prima del Covid. La Volkswagen dichiara un utile di 11,4miliardi su un fatturato di 130miliardi. Le azioni Daimler continuano a salire, la casa di Stoccarda nonostante il Covid nel 2020 ha registrato un utile del 4,3 per cento, nel 2019 prima della pandemia solo del 2,5 per cento.

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Il problema è trovare operai specializzati, e sulle consegne dei fornitori. La Volkswagen ha dovuto mettere nelle scorse settimane migliaia di dipendenti in orario ridotto (alla lontana la nostra cassa integrazione) non a causa delle vendite, ma perché non riceveva abbastanza chip dai produttori orientali. “Il trend è chiaro, non ci sarà un abbandono dell’auto almeno per il prossimo futuro”, commenta la “Süddeutsche Zeitung”. E un avvertimento per i Verdi che a Pasqua erano sicuri di diventare il primo partito e di poter guidare la Germania. I tedeschi si preoccupano per il clima, ma non rinunciano all’auto. Anche molti ciclisti a Berlino usano la bicicletta al centro, poi vanno in gita su un Suv.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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