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Meglio dare del tu ai professori

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Ai professori gli allievi dovrebbero dare del tu. La Germania, alla fine dell’era Merkel, sta ancora attendendo il nuovo governo, i tedeschi si trovano innanzi a gravi problemi, investire sul clima rischiando di far salire  pericolosamente i costi di produzione, la pandemia, aumentare le pensioni minime e la paga oraria, mandare in rosso il bilancio statale o tornare ai tempi prima del Covid con la difesa del risparmio, e gli Jusos di Berlino, i giovani socialisti (fino ai 35 anni, riuniti a congresso dibattono il tema: bisogna rispettare il “Sie” il lei a scuola, o passare al “Du”, il tu, retaggio del passato sopravvissuto al ‘68?

La popolare “Bild Zeitung” gli dedica un lungo articolo, il tema in Germania è più serio di quel che gli italiani possano sospettare. Alla scuola elementare la “Signora maestra”, mi dava ovviamente del tu. Appena giunto in prima media, i vari professori mi diedero del lei. Il rispetto, almeno in apparenza, era reciproco. Capisco di appartenere a un altro secolo. Oggi, a Roma, se entro in un negozio con mio figlio il commesso gli si rivolge subito con il tu, e io rimango confinato o ghettizzato con il “lei”.

Noi giornalisti da sempre ci diamo subito del tu, anche se non ci siamo mai incontrati, come a ricordare che facciamo parte di una confraternita, di un clan, non saprei quale sia il termine giusto. Ma non bisognava esagerare. Da giovane redattore non avrei mai dato del tu al direttore, né al caporedattore (allora era solo uno), privilegio riservato agli inviati e ai critici.

Rimasi sorpreso appena giunto da corrispondente a Amburgo, ospite di una grande casa editrice, nello scoprire che i colleghi tedeschi si davano del “Sie”, anche dopo aver lavorato per vent’anni fianco a fianco. Un male, un bene? Forse il tu non andrebbe sprecato, banalizzato, segna la conquista di un’amicizia.

Nel dibattito degli Jusos (non sono d’accordo tra loro). I favorevoli citano Norvegia, Svezia, Finlandia, dove il “lei” da sempre non esiste. Nelle filiali dell’Ikea in Germania, dipendenti e capi si danno del “du”. Sospetto che sia un equivoco della lingua, come lo “you” inglese. I poliziotti nei telefilm scandinavi si danno del tu, ma si chiamano per nome. Se interrogano il ricco sospetto, o un politico, usano il cognome. Nei gialli televisivi tedeschi, i poliziotti si mettono sempre la cintura prima di un inseguimento in auto, e ovviamente usano il “sie” tra loro, e chiamano Frau o Herr i colleghi. Danno del lei anche agli assassini per indurli a confessare.

Nelle scuole in Svezia il rendimento scolastico sarebbe aumentato da quando i ragazzi possono rivolgersi agli insegnanti chiamandoli per nome, dandogli del tu. “Nelle nostre scuole sarebbe insolito, è un segno di maturità quando i giovani si sentono chiamare con il lei”, commenta Norman Heise, portavoce dei genitori per le scuole della Capitale. Il tu per gli Jusos aumenterebbe la confidenza e la reciproca fiducia, e non sarebbe pericoloso per il rendimento degli allievi. Uno degli Jusos ricorda che al liceo ha ricevuto di continuo note negative perché si rivolgeva con il tu ai professori. “Il lei è il simbolo di un’autorità artificiale“, commenta.

Ma nelle scuole, non solo a Berlino, i professori stentano a mantenere la disciplina. Samuel Märkt, 22 anni, è favorevole alla riforma, ma tollerante: “Il Sie o il Du non sono contemplati da nessun regolamento scolastico. Si rispetta una tradizione. Studenti e professori dovrebbero mettersi d’accordo all’inizio dell’anno scolastico”. Astrid Busse, 63 anni, direttrice di una scuola elementare, è contro il “Du”: “Io sono l’insegnante, i bambini devono capire che non sono un’amica o una seconda mamma. L’autorità è importante, ma io tratto con affetto tutti i miei scolari, e loro lo sentono. Capita a volte che qualcuno si lasci trascinare e mi dica: “Du Frau Busse”, ma questo è normale”.

Uno studio compiuto quattro anni fa tra 600 studenti ha rilevato che l’uso del tu, riduce la capacità linguistica dei ragazzi. Il lei obbliga automaticamente a usare frasi più complesse, a usare il congiuntivo, a essere meno superficiali.

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© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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