Dopo i turchi, per numero vengono gli ex jugoslavi. Sloveni e croati, serbi e macedoni, bosniaci, che si scannano nella loro ex patria, in Germania non hanno provocato violenze, ma creano problemi sul posto di lavoro: si ignorano, e non si rivolgono la parola neanche per esigenze di produzione, e i tedeschi tentano di tenerli separati per prudenza. Senza trascurare che parecchi criminali di guerra serbi hanno trovato rifugio in Germania, confondendosi fra gli immigrati e trovando protezione grazie al sangue e al ricatto. La polizia ne ha arrestato uno dei più feroci per strada a Monaco, ed ora «in base al diritto delle genti» la Germania lo processerà per le atrocità commesse in un lager. E si mette già in conto la reazione dei compagni.
Dalle frontiere aperte dell’Est giungono i russi di remota origine tedesca. Magari un loro antenato nel ‘700 se ne andò a Pietroburgo per costruire i palazzi dello zar e dei suoi principi, ed oggi grazie a lui possono presentarsi in Germania e diventare subito tedeschi a tutti gli effetti.
Una conoscente che insegna ai russi-tedeschi mi ha detto che se la passano male; trapiantati dai silenzi della steppa siberiana, o dalle placide campagne lungo il Volga nell’inferno metropolitano, rischiano la follia: gli manca il cielo vasto e l’aria pura, «eppure scrivono a casa di stare benissimo». Perché, ha chiesto loro. «Perché i parenti si aspettano che noi stiamo bene; se scriviamo la verità penserebbero che siamo egoisti e non li vogliamo qui.»
E giungono le bande polacche con la loro micidiale droga fatta in casa, economica e bruciacervello, i reduci dell’ex armata sovietica, che rispediti a casa (che non hanno) tornano clandestini e si insediano nelle lugubri caserme abbandonate intorno a Sans-Souci, la reggia di Federico II a Potsdam, che trasformano in centro di smistamento, sempre di droga e di armi.
Caro Roberto,
hai azzeccato,come sempre. Di nuovo
rallegramenti.