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Dove andare a sciare…

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Buchenwald © il Deutsch-Italia
Buchenwald © il Deutsch-Italia
Buchenwald © il Deutsch-Italia

Buchenwald © il Deutsch-Italia

Dove andare a sciare o a far divertire i bambini con lo slittino? Sulle tombe di Buchenwald. Una notizia che smentirebbe un pregiudizio positivo, confermando invece uno negativo. Per molti all’estero, i tedeschi sarebbero ligi alle regole, e rimangono più o meno sempre nazisti. Ieri, al vertice online dei Primi ministri dei Länder si è deciso di prolungare il lockdown, e in alcune regioni si inaspriscono le regole. Ma già durante le feste, in migliaia hanno violato le norme anti-Covid, e si sono precipitati con le famiglie sulle piste di sci. La polizia ha dovuto ricorrere ai blocchi stradali per fermare le colonne di auto. Il risultato si è avuto due settimane dopo con la nuova esplosione dei contagi e con il numero delle vittime, intorno ai mille al giorno.

«E sono venuti a sciare sulle tombe comuni a Buchenwald», denuncia alla “Süddeutsche Zeitung” Jens-Christian Wagner, responsabile del memoriale. Il Lager si trova a otto chilometri da Weimar, nella foresta dove Goethe conduceva a passeggio il figlioletto. Un luogo facile da raggiungere, in inverno poco frequentato e controllato. Chi avrebbe mai pensato che le famiglie ci andassero per divertirsi?

Buchenwald © il Deutsch-Italia

Buchenwald © il Deutsch-Italia

«Il parcheggio innanzi al Lager non è mai stato così pieno come durante l’ultima settimana», dice Herr Wagner. È stato necessario rafforzare il servizio di sicurezza, la polizia ha inviato sette squadre, e gli indisciplinati sono stati multati. Ma non è bastato. A Buchenwald si continua a venire con gli sci e gli slittini, per una discesa sulla radura tra gli alberi dove il terreno sulle tombe è sgombro d’ostacoli e più compatto. Vi sono sepolte tremila vittime, ma i morti tra il 1937 e il 1945 furono circa 56mila, tra cui Mafalda di Savoia, la figlia del re Vittorio Emanuele. Buchenwald era un campo di lavoro e non di sterminio come Auschwitz, ma i prigionieri morivano di stenti, e i più deboli venivano eliminati.

Mafalda di Savoia

Mafalda di Savoia

«La zona delle tombe, coperta di neve, forse non è facilmente riconoscibile», cerca una giustificazione il direttore del campo, «eppure si dovrebbe capire dove ci si trova e rispettare il luogo. Adesso abbiamo installato altri cartelli più visibili, e deciso di recintare anche il campo delle fosse comuni».

«Si è stupito, si è scandalizzato?», chiede il quotidiano. «Ci sono abituato», risponde Wagner. «In passato, a Buchewald sono venuti a fare il picnic, ad arrostire salsicce e polpette. E non solo qui», aggiunge, «nel dopoguerra, i tedeschi hanno utilizzato le decine dei Lager in Germania per i loro hobbie e il tempo libero. Sono responsabile anche per il campo di Dora, non lontano da Buchewald, una volta ho sorpreso una donna con i suoi bambini a pattinare. Non trova che sia poco opportuno? Le chiesi. “Per lei sono più importanti i deportati che le famiglie”, mi rispose. Abbiamo il diritto di divertirci».

Che i tedeschi quando possono non rispettano le regole, l’ho sempre saputo, da quando vivo in Germania. Tutti nazisti? Come gli italiani sarebbero tutti mafiosi. Contro i pregiudizi è inutile lottare. Fui inviato a Longarone, il giorno dopo il disastro nell’ottobre del ‘63, perché quel mattino ero per caso l’unico presente in cronaca. Il mio primo servizio importante da inviato, ma ero l’ultimo nella squadra dei colleghi, e mi toccava il compito meno importante.

Longarone prima e dopo il disastro del Vajont

Longarone prima e dopo il disastro del Vajont

Alla prima domenica non sapevo che scrivere, e descrissi le famiglie in vacanza con i bambini che venivano a vedere i morti. Si fotografano in gruppo sullo sfondo di Longarone. Allora non si chiamavano selfie, si usava l’autoscatto. Quell’articolo fu il primo ad essere notato da “La Stampa”, che pochi mesi dopo mi assunse. Perché, mi spiegò il caporedattore, non hai usato aggettivi, come piace a noi. Non servono neanche per le famiglie che si divertono a Buchenwald.

 

 

© per gentile concessione di ItaliaOggi

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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