Il sistema sociale tedesco è un ibrido, un corpo con due anime in conflitto perenne, ma il contrasto si risolve in un compromesso rinnovato di continuo, stabile nella sua incertezza. È basato sui princìpi del libero mercato e allo stesso tempo sulla solidarietà di matrice cristiana e socialista. Non si arriva alla società spietata americana, o al cinismo della Thatcher, pur rispettando le leggi dell’economia e della finanza, e si cerca di tutelare il capitale insieme con i diritti del più debole, le esigenze della grande industria e le necessità dell’individuo. Lutero, Marx, la Chiesa cattolica e il Deutsche Mark si ritrovano in un miscuglio che soddisfa tutti e non piace a nessuno. Ma funziona. Non sempre, e spesso non bene, con esagerazioni in un senso o in quello opposto, con forze contrarie che si compensano a vicenda, senza che l’equilibrio porti all’immobilismo. Si continua a oscillare, il percorso è sinuoso, ma alla fine si rispetta la rotta. Il ricco diventa più ricco, il povero resta povero, e qualche volta riesce perfino a migliorare le proprie condizioni. Non si muore di fame, si ha sempre un tetto, sia pure in un container. E chi bussa alla porta non viene respinto. Caso mai rispedito indietro, dopo avergli concesso una sosta.
La giustizia sociale non è perfetta ma in nessun luogo si vive meglio che in Germania. Altri Paesi sono più ricchi, ed in altri si offrono più garanzie ai singoli. Perfino da noi, sovente solo sulla carta. Troviamo così dei liberali conservatori in economia, che si battono per gli sgravi fiscali alle imprese, e ammoniscono contro le sovvenzioni troppo generose, e l’assistenza indiscriminata, e al contempo si trovano su posizioni avanzate quando sono in gioco le libertà democratiche. O socialisti come Karl Schiller ed Helmut Schmidt che favoriscono il miracolo economico senza «viziare» i lavoratori. Alla Volkswagen – che è impresa statale, una rarità in Germania – che in un momento di crisi chiedeva aiuti Schmidt rispose: «Costruite auto migliori, o chiudete». Loro le progettarono, ed ebbero successo, a scapito delle nostre.
Si tassa il capitale solo perché lo pretendono i giudici della Corte Costituzionale, preoccupati che la giustizia fiscale sia uguale per tutti. E il ministro delle Finanze, il conservatore Theo Waigel, obbedisce «il meno che può», per non scatenare la fuga all’estero delle fortune in marchi. Quando un’industria è in difficoltà può licenziare, e la cassa integrazione è considerata una follia italica. E chi resta senza lavoro non viene abbandonato a se stesso. Ottiene l’80 per cento dell’ultimo salario per un anno, e anche più, secondo i casi. E può riscuotere il sussidio disoccupazione in vacanza. Il denaro gli sarà inviato a Mallorca o alle Canarie, dove il costo della vita è inferiore, purché si ripresenti ogni tre mesi all’ufficio del lavoro.
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