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Claudio Vignali: Michel Petrucciani mi ha cambiato la vita

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© Claudio Vignali
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Claudio Vignali inizia giovanissimo lo studio del pianoforte studiando musica classica e improvvisazione. È il vincitore del terzo premio assoluto al più importante concorso internazionale per pianoforte jazz: “Parmigiani Montreux International Jazz Piano Solo Competition 2013, dove era stato precedentemente selezionato tra 10 pianisti jazz under 30 in tutto il mondo. Vincitore del primo premio al Jazz Piano Competition Venezia, semifinalista al Nottingham International Jazz Piano Solo Competition nel 2012 e 2014 dopo essere stato selezionato entrambe le volte tra 12 pianisti jazz in tutto il mondo, finalista al Premio Massimo Urbani. Nel campo classico è vincitore nel 2011 del concorso pianistico promosso dal Lions Club di Bologna con un programma comprendente musiche di Rachmaninoff, Ravel e Bach, mentre nel 2002 è vincitore della borsa di studio per giovani pianisti Pio Rocco Zampa, suonando brani di L. v. Beethoven e F. Schubert. È diplomato in pianoforte classico e in musica jazz con il massimo dei voti e la lode presso i Conservatori di Ferrara ed Adria. Continua a perfezionarsi con pianisti tra cui: Wonmi Kim, Giorgio Gaslini, Ramberto Ciammarughi, Franco d’Andrea, Fausto Caporali (improvvisazione barocca), Fabiana Ciampi e Daniele Venturi.

Si è esibito in alcuni tra i più importanti Festival, Teatri e Jazz Club italiani ed internazionali tra cui: “Montreux Jazz Festival – Grand Palace Montreux”, “Septembre Musical – VeveyMontreux”, “La Nuit des Pianistes”(6 pianisti jazz e 6 pianisti classici selezionati in tutto il mondo), “Oslo Grefsen Jazz Society (Norvegia),Eldmessa Project Frikirkjan and Iceland National Radio Reykjavik” (Isalnda), “Japan Tour Kob 2017 (Giappone),  “Switzerland Tenero Music Festival” (Svizzera), “Bremen Jazzahead Festival (Germania),Sanremo 2019”, “Piano Solo Teatro Comunale di Bologna”, “Piano Solo Conservatorio di Bologna” e tantissimi altri.

La sua attività lo ha portato a collaborare con importanti artisti di fama internazionale tra cui: Joe Locke, Tiger Okoshi, Rob Mazurek, Lucy Woodward (cantante degli Snarky Puppy), Arne Hiorth, Oddrun Eikli, Gunnar Gunnarsson, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, Francesco Bearzatti, Torstein Lofthus, Massimo Manzi, Andrea Dulbecco, Mauro Negri, Maxx Furian, Fulvio Sigurtà, Achille Succi, Tarun Balani, James Thompson, Diana Torto e tanti altri.

 © Claudio Vignali

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Riguardo agli ultimi importanti lavori discografici, il suo ultimo disco “Rach Mode On” con Rob Mazurek e Daniele Principato, ottiene un ottimo riscontro dalla critica e viene recensito da prestigiose riviste tra cui: “The Wire – London”, “Jazz Trial – New York”, “Jazzit”, “Percorsi “Musicali” e molte altre. Tra i vari album nei quali ha preso parte è importante citare il disco “Tiziano Bianchi Relate” che vede la preziosa partecipazione di Bill Frisell alla chitarra. È stato più volte ospite a trasmissioni radiofoniche Rai, tra cui La Stanza della Musica, Piazza Verdi e Battiti”. I suoi dischi sono stati recensiti da alcuni tra le più importanti riviste italiane ed internazionali del settore, tra cui: “The Wire” (Londra) “The Jazz Trail” (New York), “Jazzit”, “Musica Jazz” e molti altri. Ha tenuto masterclass di Pianoforte Jazz presso “Rønningen Folkenhøgskolen” Oslo (Norvegia). Ha lavorato come docente di Pianoforte durante la masterclass “L’Eco dei Passi” dal 2015 al 2019, con il coordinamento di Tiger Okoshi del “Berklee Music School” di Boston. Insegna “Teoria e Lettura della Partitura” presso il corso AERCO di Bologna.

Lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti parlare un po’ di lui e del suo lavoro.

Vorrei iniziare da come è nato il suo percorso musicale, a che età ha scoperto il pianoforte ed è stata una sua scelta o è stato spinto qualcuno?
È stata una mia scelta. I miei genitori erano molto appassionati di musica, ed anche mia sorella, che prendeva lezioni di piano. Ho iniziato da solo a otto anni, suonando ad orecchio e improvvisando sul pianoforte che avevamo in casa, fino a quando mia madre e mio padre mi portarono a vedere un saggio di una scuola di pianoforte. Da quel momento rimasi affascinato e decisi di iniziare a studiare questo bellissimo strumento.

Ho quindi frequentato il Conservatorio e mi sono diplomato in pianoforte classico. Parallelamente ho sempre seguito e praticato il Jazz.

Quale è stato il motivo che le ha fatto scegliere il Jazz come genere musicale per la sua professione?
Già da piccolo improvvisavo con il pianoforte, ma naturalmente non conoscevo in maniera approfondita il Jazz. Il passaggio è avvenuto quando mi hanno regalato un CD di Michel Petrucciani, di cui mi sono innamorato. Da lì ho iniziato a scoprire e ad appassionarmi sempre di più a questo genere, per poi sceglierlo come professione.

Ci dica qualcosa del suo ultimo lavoro discografico: “Rach Mode On”, che lei ha fatto con Rob Mazurek e Daniele Principato.
L’idea di questo disco nasce dopo anni di ricerca strumentale, studio compositivo ed esperimenti d’ interazione tra musica acustica ed elettronica, assieme a Daniele Principato.

Il fulcro di tutto è l’improvvisazione che non viene relegata solamente agli strumenti “classici”, ma diventa esperienza sonora tra elettronica e strumenti acustici.

Il “real time loop remix” ovvero campionamento in tempo reale, ha un aspetto fondamentale in questo lavoro. Il pianoforte viene, infatti, registrato e remixato estemporaneamente, aggiungendo effetti, cambiando pitch, sovrapponendo loop; tutto questo mentre io suono ed interagisco con l’elettronica che improvvisa a sua volta insieme a me.

Nel disco ci sono sonorità derivanti dal jazz, dalla musica classica (in particolare il preludio in Gm op.23 n.5 di Rachmaninoff e i quartetti d’archi di Faurè) e ovviamente dalla musica elettronica.

È stato pubblicato per l’etichetta Auand Beats” di Marco Valente ed ha riscosso un ottimo riscontro dalla critica. Le recensioni sono state pubblicate su importanti riviste tra cui “The Wire”, “NY Jazz Trail” e molti altri.

Studio Duna © Claudio Vignali

Studio Duna © Claudio Vignali

Pur essendo giovane, ha nel suo bagaglio d’esperienze tante tournée e concerti fuori dall’Italia, tra cui in Germania. Ci vuol raccontare delle sue esperienze in terra tedesca?
Il mio primo concerto in Germania l’ho fatto a sedici anni. È stato a Brema, con la mia band dell’epoca. Il gruppo era composto da Baldassarri, Morabito e Lamboglia, amici e fantastici musicisti. Fu una bellissima esperienza ed ebbi l’opportunità di conoscere Florian Janoske, uno straordinario violinista tedesco.

Poi sono tornato in Germania diverse volte. Tra queste ricordo una performance in piano solo, in una grande sala vicino a Frankfurter Allee, a Berlino. In quell’occasione ho incontrato un pubblico di appassionati di jazz con i quali è nato un legame di amicizia che va avanti da diversi anni.

Ho poi avuto il piacere di suonare al “Jazzahead Bremen nel 2019 con il gruppo del trombettista Tiziano Bianchi, per la presentazione del suo ultimo disco “Relate” con ospite Bill Frisell. Il gruppo era completato da Marco Frattini alla batteria, Matteo Zucconi al basso ed Enrico Ferri al violoncello. Quella del “Jazzahead” è stata un’esperienza stupenda e anche molto divertente, perché nella band c’era un grande affiatamento dal punto di vista musicale e umano. Il Festival è meraviglioso e Brema è una città estremamente suggestiva. Sempre con la stessa formazione abbiamo suonato al B-Flat, un Jazz Club di Berlino, altra città che adoro!

Le mie performance in Germania sono sempre state molto positive e ho inoltre avuto il piacere di conoscere persone che sono diventate amici veri, nonostante la distanza. La musica è davvero un linguaggio universale e può addirittura diventare un veicolo per creare legami profondi e sinceri.

Cosa pensa della musica Jazz? Molti la considerano una musica di nicchia e per gente di una certa età. Lei come giudica la situazione in Italia.
Sicuramente è una musica particolare che richiede un’attenzione maggiore rispetto ad altri generi. Nelle nuove produzioni ci sono mescolanze e contaminazioni molto interessanti, che magari possono avvicinare un pubblico più ampio e più giovane.

Anche i conservatori jazz e i corsi musicali nelle varie accademie hanno contribuito alla diffusione del jazz tra le nuove generazioni, che credo mostrino più interesse verso questa forma d’arte musicale.

Qual è il suo concerto preferito, se esiste ovviamente. Voglio dire predilige suonare da solo, oppure in tre, in quattro, ha una formazione, un numero preferito con cui si trova meglio o è indifferente?
Questa è una bella domanda, forse vado un po’ a periodi, non saprei risponderle bene. Ho dei momenti in cui mi piace molto suonare in piano solo, altri dove preferisco il trio, e infine altri dove sono interessato ad integrare il suono del piano con l’elettronica.

Mi piace suonare con artisti con cui si instaura un rapporto musicale e umano di rispetto reciproco; con cui si può creare un vero e proprio gruppo di lavoro, ma anche di amicizia.

Classica domanda finale, progetti attuali, futuri e se c’è: il sogno nel cassetto.
Sto lavorando su due nuovi progetti, uno in piano solo e l’altro in quartetto.

Per quanto riguarda il sogno nel cassetto, è molto semplice: in questo momento mi piacerebbe tornare a viaggiare all’estero. Sicuramente è un desiderio dettato dal fatto che questa situazione ci rinchiude e blocca tutti noi in maniera molto forte.

Ho il bellissimo ricordo di un anno in particolare in cui ho avuto la possibilità di suonare e viaggiare tanto in Europa e Giappone; mi manca il fatto di vedere sempre cose nuove e confrontarmi con persone diverse.

Quando questa situazione difficile finirà, spero di tornare a viaggiare tanto.

 

Claudio Vignali – “Rach mode on”

© Youtube Claudio Vignali

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