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Karl, 202 anni e non sentirli

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Karl Marx © il Deutsch-Italia
Karl Marx © il Deutsch-Italia

Una data storica, celebrata in tutta la Germania e non solo, quella odierna: 202 anni fa, quest’oggi, nasceva infatti a Treviri (Trier), piccola cittadina extra-circondariale della Renania-Palatinato (allora regno di Prussia) ai confini con il Lussemburgo, uno dei più grandi pensatori e filosofi di tutti i tempi: Karl Marx.

Il mondo moderno e quello contemporaneo mai come dal pensiero del filosofo tedesco è stato influenzato.

 

Chi era e come si formò Marx?

Casa natale di Marx © CC BY-SA 3.0 Berthold Werner WC

Nacque in una famiglia ebrea, da Heinrich Marx, un avvocato molto colto e “illuminato”, figlio di un rabbino, e da Henrietta Pressburg. Il giovane Karl, secondo genito di ben 7 fratelli (aveva 4 sorelle e 2 fratelli), dopo il liceo studiò giurisprudenza a Bonn prima e Berlino dopo, presso quella stessa Humboldt Universität dove, fino a soli cinque anni prima (eravamo nel 1836), vi aveva insegnato fino alla morte quello che forse si può senz’altro considerare il filosofo che più di ogni altro influenzò il suo pensiero, seppur criticandolo: Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Fu in questo periodo che iniziò a scrivere la “Filosofia del diritto”, che riprenderà qualche tempo più tardi. Dopo aver interrotto gli studi di giurisprudenza per dedicarsi a quelli filosofici, si laureò in quest’ultima disciplina a Jena nel 1841. È dell’anno successivo il suo debutto come giornalista, presso l’allora Rheinische Zeitung”, la “Gazzetta renana”, quotidiano di Colonia considerato come uno dei maggiori organi stampa di opposizione al regime prussiano. Quando quest’ultimo chiuse il giornale nel 1843, dopo essersi sposato con Jenny von Westphalen, figlia del barone Ludwig, il filosofo si trasferì con la giovane moglie a Parigi dove pubblicherà i “Deutsch – französische Jahrbücher” (Annali franco – tedeschi), una rivista scritta in collaborazione con Heinrich Heine, Moses Hess, Georg Herwegh e Friedrich Engels. Quest’ultimo era un ricco imprenditore tedesco che divenne da quel momento l’amico di tutta una vita, nonché il suo principale finanziatore.

 

La critica ad Hegel

Karl Marx da giovane

Nella rivista Marx pubblicherà “La questione ebraica” e l’Introduzione alla propria “Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico” (nota anche come “Per la critica della Filosofia del diritto di Hegel). In quest’ultima opera hegeliana l’eticità si realizza dialetticamente in istituzioni storiche come la famiglia, la società civile e lo Stato. Quest’ultimo in particolare, come “sostanza etica”, comprende come sintesi gli altri momenti, e l’individuo ha il compito di riconoscersi completamente in esso, poiché solo nello Stato etico l’individuo acquista “realtà, verità ed oggettività”. Marx, pur apprezzando la distinzione hegeliana tra società civile e Stato, critica lo Stato hegeliano, perché non è affatto “etico”, in quanto in realtà è fondato sulla “religione della proprietà privata”.

Contro il conservatorismo di Hegel, che giustificava la monarchia ereditaria prussiana, i grandi proprietari terrieri e il maggiorascato, Marx invece prospettò una democrazia egualitaria, fondata sul suffragio universale, influenzato a sua volta dal concetto di volontà generale di J.J. Rousseau. In seguito approderà ad una concezione rivoluzionaria, con il proletariato che diventerà classe dominante, e l’abolizione della proprietà privata con la nascita di una società senza classi, superando così il concetto di Stato.

A Parigi il giovane filosofo studiò gli economisti classici e i loro critici (Proudhon, Sismondi), e da questo studio derivarono i “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, editi in seguito solo nel 1932. Qui, oltre alla critica dell’economia classica, Marx delineò una prima definizione del Comunismo e la critica della dialettica hegeliana. Se la proprietà privata è l’espressione della vita umana alienata (perché ciò che viene prodotto non appartiene a chi lo produce), la soppressione di essa e dei rapporti sociali che la generano e la tutelano non è che la soppressione di qualsiasi alienazione. Il comunismo è l’eliminazione dell’alienazione, quindi della proprietà privata, operazione che coincide con il recupero di tutte le facoltà umane e la liberazione dell’essenza dell’uomo stesso.

 

Il mondo va trasformato

Recuperando Feuerbach, nei “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, e soprattutto nelle sue “Tesi su Feuerbach” dell’anno dopo, Marx espone l’idea dell’uomo come ente pratico: Feuerbach –come tutti i filosofi prima di lui– si era posto il problema della verità del pensiero, ma il pensiero non può verificare se stesso astrattamente, occorre che sia l’attività pratica, volta allo scopo, a verificare la verità delle idee. È questo il difetto di tutta la filosofia, non solo di Feuerbach: quello di essersi limitata a cercare di conoscere la realtà, a interpretare il mondo, «ma si tratta di trasformarlo». La sola reale sostanza dei rapporti umani è la “struttura”, ossia i rapporti economici. A questi viene legata dalla classe dominante la “sovrastruttura”, ossia la produzione delle idee e della cultura (religione, filosofia, politica, diritto ecc.), ossia un’ideologia. «Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee», scrive Marx nell’“Ideologia tedesca”.

 

La Lega dei comunisti

La famiglia Marx e quella Engels

Nel 1845, trasferitisi a Londra, Marx ed Engels entrarono in rapporto con l’“Associazione dei lavoratori tedeschi”, emanazione legale inglese della clandestina “Lega dei Giusti”, società internazionale che raccoglieva adesioni soprattutto fra gli emigrati politici tedeschi. Due anni dopo vi entrarono a far parte e la Lega assunse il nome di “Lega dei Comunisti”, trasformando su suggerimento dello stesso Marx il proprio motto da “Tutti gli uomini sono fratelli” in “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Nacque così il “Manifesto del Partito Comunista” del 1848, pubblicato poco prima della rivoluzione parigina del 23 febbraio. In seguito ai moti popolari scoppiati in tutta Europa gli assetti politici determinati dal congresso di Vienna del 1814 furono sconvolti. Marx fu arrestato a Bruxelles ed espulso. Si rifugiò a Parigi e poi si trasferì con la famiglia e Engels a Colonia, dove fondò la “Neue Rheinische Zeitung”, divenendone il direttore. Ma l’avventura del nuovo giornale durò poco, e nel maggio del 1849 venne soppresso dal restaurato governo prussiano. Trasferitosi a Parigi, fu costretto ad allontanarsi anche dalla Capitale francese e andò a Londra, dove rimase fino alla morte.

Biblioteca centrale di Zurigo – Il Capitale

Nella Capitale britannica i Marx sopravvissero a stento con l’attività di pubblicista di Karl, e videro morire di stenti i figli Heinrich Guido e Franziska, e di tubercolosi il figlio Edgar. Del periodo londinese sono i “Grundrisse” e “Per la critica dell’economia politica”. Intanto la crisi economica che investì tutto il mondo nel 1857 segnò una forte ascesa del movimento operaio, che fece sentire anche la necessità di una unità politica internazionale. Fu così che il 28 settembre 1864 a Londra si svolse la seduta inaugurale del congresso costitutivo dell’Associazione internazionale dei lavoratori, con la partecipazione di rappresentanti inglesi, francesi, italiani, polacchi, irlandesi, svizzeri e tedeschi, tra i quali anche Marx.

Nel 1867 vede la luce un libro (in quattro tomi) fondamentale per la storia del pensiero occidentale: “Il Capitale” (Das Kapital), pubblicato dall’editore Meissner di Amburgo. Marx vedrà solo il primo volume, gli altri saranno pubblicati postumi nel 1885 a cura di Engels. Quest’opera non può essere considerata soltanto un trattato di economia, perché Marx vi espone anche le caratteristiche generali della società capitalistica e dei rapporti che ci sono tra i suoi componenti. Il filosofo vi analizzò il sistema capitalistico per capire come questo fosse nato, in modo particolare come si fosse sviluppato, mettendone in evidenza le contraddizioni insite. Vi sono esposti concetti come quello del “plusvalore”, o la “legge della caduta tendenziale del saggio del profitto”.

Gli ultimi anni di vita

Marx andò avanti anche grazie ad una piccola rendita che gli mise a disposizione l’amico Engels. Il 2 dicembre 1881 morì l’amata moglie Jenny. Non si riprenderà più da questa grave perdita. Malato di bronchite cronica perderà anche la figlia primogenita Jenny. Le altre due, Laura ed Eleanor, moriranno entrambe suicide. Colpito da un’ulcera polmonare, il 14 marzo 1883 Marx morì e venne sepolto tre giorni dopo nel cimitero londinese di Highgate, accanto alle spoglie della moglie.

Marx è ancora attuale?

A duecento anni dalla sua nascita, in un mondo globalizzato e guidato dalla Finanza, cos’ha da offrire il filosofo di Treviri? Con la caduta del Muro di Berlino, Marx è stato dato come “morto”. Mai come nessun altro filosofo è stato demonizzato, anche se ben poco è stato letto, ma solo citato prendendone frasi qui e lì. Dal 1989 si suol dire che le ideologie sono finite, ma forse è vero il contrario. Una, quella capitalista, trasformatasi in seguito attraverso la Finanza, ha monopolizzato la scena, “sparendo” in quanto pervasiva di tutta la realtà. La logica del capitalismo è quella della “fine delle ideologie”, pur essendo esso stesso un’ideologia.

Marx ci può ancora insegnare che il capitalismo non è un destino. Il suo mondo ha una genesi storica ben precisa e la prassi umana può sempre trasformarlo (prima tesi su Feuerbach). Niente è ineluttabile, ma il mondo si può trasformare (undicesima tesi su Feuerbach). E questo è un grande insegnamento di per sé.

Nel mondo in cui viviamo, le leggi dell’economia ci vengono fatte percepire come fossero una legge di natura (lo spread, la borsa che crolla, i “mercati” che “fuggono”), come fossero inevitabili e non frutto dell’attività umana.

Al giorno d’oggi, la globalizzazione è data come inevitabile e il libero scambio delle merci è il solo valore indiscutibile. Tale ideologia, perché di questo si tratta, si traduce nel discorso politico del “non ci sono alternative”, “non si può fare altrimenti”. Il capitalismo finanziario si presenta in pratica come il solo mondo possibile, seppur imperfetto. Di qui la perdita dei valori di altro tipo. Il mondo è solo “alienazione”, come diceva il nostro filosofo. La critica all’economia politica (oggi la politica è permeata dall’economia) nel senso marxiano è più attuale che mai dunque. Se ci si sente in contrasto con il mondo in cui si vive non è vero che occorra cambiare necessariamente se stessi: si può, giustamente, anche aspirare a cambiare il mondo. È questo il più grande lascito, a duecento anni dalla sua nascita, del filosofo di Treviri.

Forse oggi chiuderebbe il suo Manifesto scrivendo: “Non allineati di tutto il mondo, unitevi!”

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Il film “il giovane Karl Marx”

La dottrina di Marx in breve

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