Guida per amare i tedeschi

Il tricolore

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Tricolore

Il nero e il rosso e l’oro saranno dunque i colori della Repubblica di Weimar dalla vita breve, Hitler tornerà al bianco, e consacrerà la svastica come emblema nazionale solo nel ’35. Dieci anni dopo, insieme con l’inno i vincitori vietano anche la bandiera, il che è imbarazzante in particolare per i capitani delle navi. Che cosa alzare sul pennone? I comandanti d’acqua dolce non ci pensano su tanto e rispolverano per le loro chiatte il glorioso nero rosso e oro. Gli alleati si indignano e si spaventano; con il tricolore torna l’antica Germania, denunciano preoccupati i giornali. Le spiegazioni storiche, che sia la bandiera dei rivoluzionari con simpatie marxiste è ancor più inquietante, non rassicurano. Ai capitani viene imposto di usare come segno di nazionalità la bandierina che nel codice di navigazione corrisponde alla «C», e per evitare confusione si deve issare una doppia «C»; blu-bianca-rosso-bianco-blu-blu-bianco- rosso-bianco-blu, a strisce da sinistra a destra. Ma la confusione divenne totale, dato che in codice la «C» equivale anche a «SÌ».

All’inizio degli anni Cinquanta in marina si raccontava questa storiella. II comandante d’una nave inglese incrocia un mercantile senza contrassegni.

«Quale nazionalità?», fa chiedere.
Il tedesco risponde con «CC»,
Si sono sbagliati, pensa l’inglese, sarà CH, poi si ricorda che la Svizzera non ha flotta.
«Bandiera!», ordina seccato.
«Quell’ignorante non sa che cosa significa CC», commenta il tedesco; «non abbiamo niente a bordo di rosso nero e oro?», chiede al nostromo.
«Da qualche parte c’è la bandiera con la svastica», risponde.
«Sei mica pazzo?»

«Ci penso io», lo calma il nostromo. Taglia via il rosso dal vessillo con la croce uncinata, poi prende la bandierina della quarantena che è gialla, e le cuce insieme con una camicia nera. Poco dopo l’improvvisato tricolore viene innalzato sul pennone. Ma nella fretta il nostromo fa un po’ di confusione nell’ordine dei colori.

«Buon viaggio, belgi!», saluta l’inglese. Il tedesco risponde lasciando sventolare la doppia «C». «Cafoni», mormora il capitano dell’Union Jack, «potevano rispondere almeno grazie, invece di sì, SÌ.»

E perché «C» invece di «D», come Deutschland? Stava per «Control Council», l’organismo di sorveglianza sui territori occupati formato dalle quattro potenze vincitrici. Infine torna a sventolare il vecchio tricolore, all’Ovest e all’Est, ma da «questa parte» ci aggiungono al centro il compasso e le spighe dorale, simbolo dei lavoratori della DDR.

Nella Germania unita è tornata di moda fra i nostalgici la vecchia bandiera di guerra della marina del Reich, il rosso il bianco e il nero, con nell’angolo in alto a sinistra l’aquila prussiana. Nell’autunno del ’92, un manager della Dasa, l’industria aerospaziale che fa capo alla Daimler-Benz, finì sulle prime pagine, perché ogni mattina la issava sul pennone che teneva in giardino. Forse la cerimonia casalinga tra barbecue e nanetti di gesso gli sarebbe pure stata perdonata, se non avesse anche avuto la malaugurata idea di celebrare il 50° anniversario del lancio della prima V2 a Peenemunde, ad opera di Wernher von Braun.

Il razzo di Hitler che scatenò il terrore a Londra era comunque stato il primo passo dell’uomo verso la luna, sosteneva: bisognava onorare il genio tedesco. Il mondo non comprese e si indignò, il party a Peenemunde venne disdetto, anche se gli invitati erano già in viaggio, e il manager perse il posto e probabilmente continua a consolarsi con il suo alzabandiera da pensionato.

Nei giorni epici dell’89, in Germania Est come in altri Paesi dell’ex blocco comunista, sventolarono bandiere con un buco al centro. In Romania, in Bulgaria, in Cecoslovacchia. A Dresda e a Lipsia però, dopo la foga iniziale, si rimediò in fretta. Diligenti Hausfrauen cucirono al centro le strisce mancanti, ovviamente di un colore più vivo rispetto alla vecchia stoffa un po’ sbiadita. Un abile lavoro di patchwork. Bandiere con riporto sventolarono nei giorni esaltanti della riunificazione salutando la libertà e le virtù casalinghe delle madri di famiglia della Germania orientale. In quanto alle bandiere con il compasso e con le spighe, le troverete senza difficoltà, di ogni dimensione, sui banchetti intorno alla Porta di Brandeburgo, come souvenir per i turisti.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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