Guida per amare i tedeschi

E fuori…

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Draussen © il Deutsch-Italia
Draussen © il Deutsch-Italia

Ecco imprevisti e dimenticati giungere i belgi, che cerca­no di dimostrarvi la loro superiorità democratica, quando da loro ci si poteva mettere al volante senza patente (liber­tà soffocata dagli incomprensivi regolamenti comunitari), o gli olandesi che marciano con roulotte felliniane oscillanti secondo lo stile dei carri del Far West, l’uno dietro l’altro, lenti e insuperabili, raggruppati nel timore di un agguato sioux.

Siate previdenti, siate prudenti, partite con un anticipo di due giorni, o un ritardo di 48 ore, all’alba o di notte, dopo pranzo o al tramonto. Tanto è inutile. Prima o poi la Stau, l’ingorgo, come un mostro vi inghiottirà. E non solo sul Kamener Kreuz. Vi attende subdola sul Ring intorno a Colonia dove ogni giorno transitano più vetture di quanto sia in grado di ospitare, in base al principio che se ci si continua a muovere riescono a entrare due vetture nello spazio di una. Basta un singhiozzo, un attimo di stanchez­za, o venir colti dal dubbio sulla possibilità che questo mi­racolo cinetico si ripeta, ed ecco la Stau.

Tra Francoforte e Basilea, o tra Francoforte e Norim­berga, tra Kassel e Francoforte, e tra Hannover e Berlino, il mostro è in agguato. Ma il percorso più temuto è quello tra Hof, sull’ex confine tra le due Germanie, e Lipsia e Berlino. Sentiero poco battuto al tempo della divisione, ora deve ospitare l’improvviso traffico della Grande Ger­mania, su autostrade vecchie e cadenti che si ricostruisco­no al prezzo d’una cinquantina di «lavori in corso ». Qui è nata la Superstau, l’ingorgo più gigantesco di tutti i tempi, 172 chilometri di auto bloccate. Chi vi si è trovato se ne vanta, «io c’ero», come i reduci di Stalingrado e di El Alamein.

«Perché i tedeschi amano la Stau», mi ha rivelato il pro­fessor Horst Opachowski dell’Università di Amburgo. È il primo (l’unico?) docente di tempo libero del mondo, e se ne intende. « La potrebbero evitare, se volessero », spiega, « ma in realtà trovarsi in coda li rassicura, prova loro che non sono soli, che sono parte di un popolo di simili, e quel­l’immobilità forzata sulla strada, dopo un anno di lavoro, prima delle ferie, annuncia che sta per iniziare il tempo della libertà, del mare, del caldo. » Opachowski non l’ha confidato solo a me, e le sue affermazioni hanno provocato reazioni beffarde, ma dice la verità. « Cerchiamo il perver­so piacere di trovarci in coda », confessa anche il settima­nale « Neue Revue », che ha condotto un sondaggio d’opi­nione. Undici milioni di tedeschi amano «quella sensazio­ne che nulla vada più dell’assoluta immobilità. » Una ragio­ne la dà Frau Edith Dreher, trentasette anni: «Ricchi o poveri, in coda siamo tutti uguali ». Un piacere che « co­sta » alla comunità 24mila miliardi di lire in benzina, mille miliardi di tasse, e provoca l’emissione di 15 milioni di tonnellate di tossici gas di scarico.

Un venerdì d’inizio estate, ho avuto la malaugurata idea di andare da Bonn a Düsseldorf. Sul Ring di Colonia, nel­l’altro senso, ho visto ispessirsi la colonna dell’esodo: ca­notti e autotreni, motoscafi a rimorchio e roulotte stavano per chiudersi come una mortale garrota. Al ritorno non avrei avuto scampo. Sono fuggito per l’uscita di Leverku­sen, sicuro di perdermi per le vie secondarie tra città diver­se che formano un unico confuso magma, con cartelli che continuano a indicare Stadtmitte, Zentrum, ma di che? Co­lonia, Bochum, Wuppertal, Dortmund, Mönchengladbach? Da queste parti si può viaggiare in tram per 170 chilometri da capolinea a capolinea.

Non mi sono perduto. Per strade larghe, tranquille e li­berissime ho sfiorato Leverkusen e Colonia, sono rientrato a Bonn in tempo per il telegiornale della sera che annun­ciava « il terribile ingorgo » sul Ring. Per altre due volte ho evitato una Superstau (non è un caso che suoni come Super- gau, il disastro irreversibile d’una centrale atomica) passan­do veloce su una corsia deserta tra Monaco e Salisburgo, o viceversa, mentre nel senso contrario il serpentone era paralizzato dal confine alla capitale bavarese. Li guardavo affascinato, come un passero rimira un pitone, e mi torna­vano indietro sguardi disperati e di odio, però mescolati a una nascosta profonda beffarda superiorità: io lì, solo, al di là del guard-rail, non sapevo quel che mi perdevo. La Stau è diventata un fenomeno quotidiano: per le statistiche se ne registrano 35mila in un anno sulle strade tedesche, cento al giorno. «Rischiamo un Verkehrsinfarkt», preconiz­za «Der Spiegel», l’infarto totale.

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Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. In Germania è uscito "Guida per amare i tedeschi", "Anleitung die Deutschen zu lieben" (Argon e Goldmann), "Complotto Reale" (Bertelsmann), "In difesa delle donne rosse" (Argon), "Hundert Zeilen", "Berlin liegt am Mittelmeer" (Avinus Verlag), "Pfiff", romanzo sulla Torino degli Anni Sessanta e la rivolta operaia di Piazza Statuto; "Attraverso la Francia, per non dimenticare il Belgio"; "Lebst du bei den Bösen?", "vivi tra i cattivi, la Germania spiegata a mia nipote"; e recentemente "Il Muro di Berlino. 1961-1989".

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