UN DUGONGO È MEGLIO DELLA PARIETTI
Secondo la consueta statistica, l’87 per cento dei tedeschi siede oltre un’ora al giorno davanti alla TV, un record europeo. Non so, ho i miei dubbi. Ormai, quando torno in Italia mi è difficile partecipare a una conversazione: i miei amici parlano di spettacoli televisivi che non ho visto, di personaggi televisivi che non conosco. E vero, anch’io detengo un mio personale record di cui sono orgoglioso: non ho mai visto un’intera puntata di Dallas o di Dinasty, e se incontrassi Chiambretti non lo riconoscerei. Ma non ho alcuna idiosincrasia contro il piccolo schermo. Lo guardo anch’io, quando mi va, e quando ho tempo. Ma i miei connazionali, e i miei colleghi, mi sembrano in preda a un’unica ossessione: la TV. A tavola si parla di TV, i giornali parlano di TV, inseguono le notizie date dalla TV come se fossero nuove, le copertine sono occupate da personaggi televisivi.
I tedeschi la guarderanno di più la TV, ma non ne parlano quasi mai. E tanto meno i giornali, se non per fatti concreti :la nomina d’un nuovo direttore, tariffe pubblicitarie, uno spettacolo veramente importante.
Spulciando da un canale all’altro, una mattina mi sono accorto che davano un serial, Reich und Schön, «Ricchi e belli», che era il nostro Beautiful, ossessione nazionale, e qui trasmesso senza che nessuno si emozionasse. Horst Tappert, meglio conosciuto come Derrick, gode più popolarità da noi che a casa sua, e lo sa.
Gli spettacoli di successo sono quelli sugli animali, prodotti in proprio o acquistati dagli specialisti britannici, ma presentati con semplicità, senza tentare di spacciarli per produzione propria, come avviene da noi.
Forse esagerano, si passa dagli amori dei dugonghi all’ora di pranzo, alle termiti prima di cena. Dato che i diversi canali si fanno concorrenza invece di coordinare i programmi, spesso si può scegliere fra gabbiani reali sull’ARD, il primo, cormorani sul ZDF, il secondo, e i pinguini di qualche canale privato.
Nessun canale, né privato né pubblico, si permette spettacoli fastosi come i nostri. Forse una volta al mese, si concedono uno show di Heimatsmelodie che sono l’equivalente teutonico di Claudio Villa, in calzoncini di cuoio. I giochi a premi ricordano i pomeriggi natalizi a casa della zia: si vince un paio di biglietti per andare allo zoo, o una lavatrice. Chi strafà ci rimette. Dieter Moor, trentacinque anni, moderatore di Canale Grande a Vox, per alzare l’indice di ascolto ha abbassato i pantaloni e il resto in diretta. Lo spogliarello totale è servito a poco: e Vox, rete di Bertelsmann, rischia di chiudere. Una collega del vanesio Dieter in un altro talk-show ha indotto una call-girl invitata in studio a riconoscere l’identikit di un suo cliente, noto politico cattolico. E stata licenziata la sera stessa.
Di roba nostra ne arriva poca, a parte la Piovra, che i tedeschi scambiano per cinema-verità, un documentario sulla mafia. Mentre i divi che amano sono nell’ordine Romina e Albano, seguiti da Celentano, Gianna Nannini e Lucio Dalla, il cui successo è un piccolo mistero. Non perché non se lo meriti, ma ritengo che le parole siano importanti, e i tedeschi in grado di seguirle sono pochi. Milva è un caso a parte: viene accettata come una Marlene dai capelli rossi, l’unica straniera in grado di eseguire le canzoni di Kurt Weill (grazie alle lezioni di Strehler).
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